venerdì 21 dicembre 2007

Sondaggio Ispo per Skytg24: Benedetto XVI "superstar" del 2007


LE NEWS DELL'ANNO

ALESSANDRA MENZANI MILANO

Le notizie che gli italiani considerano più importanti riguardano i soldi, l'emergenza rom, le morti sul lavoro. Se ne fregano, o quasi, dei fatti di cronaca nera (Garlasco e Perugia), della politica, di Vallettopoli, delle baruffe tra Veronica Lario e Berlusconi, di Corona e la Moric, dei nuovi partiti che spuntano come funghi... La radiografia dei gusti degli italiani riguardo all'attualità, come ogni anno, la serve un sondaggio di Sky Tg24, realizzato con Ispo, sulle "101 notizie che hanno scandito il 2007", divise in cronaca nazionale, cronaca dal mondo, politica italiana e internazionale, sport, economia, costume & società. Ci sono poi tre classifiche: personaggi dell'anno, match più appassionanti e addii clamorosi.

DA TORINO AI ROM

Lo studio chiede di dare un voto da 1 a 10, secondo l'im portanza, ai fatti principali che hanno trattato gli organi di stampa nel 2007. La notizia considerata più rilevante, nella hit generale, è in assoluto la morte degli operai nella fabbrica a Torino, seguita dallo sciopero dei Tir e dall'omici dio dell'ispettore Raciti durante il derby Catania-Palermo. È interessante notare come ben tre notizie riguardanti i rumeni siano tra i 20 fatti che hanno segnato di più l'opinione pubblica: il rom che uccide i ragazzini, la donna aggredita e uccisa da un bruto a Roma, l'omicidio con l'ombrello nella metropolitana. Considerando solamente la cronaca nazionale, il primo e il secondo posto non cambiano (Torini e i tir), mentre spuntano i due gialloni dell'anno: Garlasco e Perugia, rispettivamente decimo e undicesimo secondo importanza. Guardando all'estero, colpisce molto la notizia della Mattel che ritira i giochi perché tossici, poi il ciclone in Bangladesh che ha provocato 10mila vittime e la moratoria italiana contro la pena di morte. Interessano poco le elezioni presidenziali in Francia, con Sarkozy che conquista l'Eliseo (14°), e Gordon Brown che subentra a Tony Blair in Inghilterra (15°).

LA POLITICA

È evidente che gli italiani s'appassionano la politica solo quando li tocca da vicino. La notizia più rilevante, secondo l'osservatorio di Sky, è il decreto del governo che riduce l'Ici nel 2008, seguita dalle carceri di nuovo piene dopo l'indulto e dalla mancata "spallata" a Prodi. E poi il "no" del Papa alle unioni di fatto e il "Vaffa Day" di Beppe Grillo. Tutto il resto, più o meno, è noia. Alle ultime tre postazioni, ci sono Veltroni che vince alle primarie del Pd, Berlusconi assolto al processo Sme, e sempre Berlusconi che fonda il Partito del Popolo delle Libertà. E se in testa al capitolo "Economia" svetta la notizia sul petrolio che si attesta stabilmente sui 97 dollari al barile, lo sport è importante se i fatti sono drammatici. Gli eventi strettamente sportivi come la Ferrari che vince il Mondiale, il Milan che trionfa in Europa o lo scudetto dell'Inter - risultano meno interessanti della morte di Raciti e di quella del tifoso laziale Gabriele Sandri, delle norme più dure sugli stadi e della Spy Story in Formula Uno. Passando alle frivolezze, nella sezione "Costume & società" l'arresto di Fabrizio Corona per caso Vallettopoli è solo al quarto posto. La vicenda giudiziaria di Potenza è comunque rimasta più impressa nelle memorie dell'addio di Valentino alla moda (quinta) e della gelosia di Veronica Lario nei confronti del marito Silvio Berlusconi (sesta). Vincono le multe per l'uso selvaggio dei telefonini in classe, il fenomeno You Tube e la nuova Fiat 500. Assente, ma forse perché il sondaggio è stato realizzato prima della notizia, la clamorosa relazione tra il presidente francese Sarkozy e l'ex top model italiana Carla Bruni.

PERSONAGGI E ADDII

Superstar del 2007 è il Papa.
Benedetto XVI batte Napolitano, i monaci Buddisti, Rita Levi Montalcini e la vedova Raciti. Pure Beppe Grillo, Walter Veltroni, Gianfranco Fini e la nuova 500 (una macchina?) devono accontentarsi dei rimasugli.


Ma quelli messi peggio, nelle menti degli italiani, sono Romano Prodi, George Bush e Silvio Berlusconi, che si piazzano negli ultimi tre posti. Ci sono poi i personaggi che non ci sono più. Nella top ten degli addii più importanti, la scomparsa di Enzo Biagi è in "testa" a parimerito con quella di Luciano Pavarotti. Gli italiani ricordano con affetto anche, nell'ordine, Don Oreste Benzi, il conduttore Gigi Sabani, i registi Michelangelo Antonioni, Ingmar Bergman e Luigi Comencini, lo stilista Gianfranco Ferrè, il giornalista Giorgio Tosatti e l'allenatore Niels Liedholm. Divertente il capitolo "Mat ch", sulle sfide più appassionanti dell'anno. Svettano la gara McLaren-Ferrari, la lite in diretta tra Mike Bongiorno e Loretta Goggi e il duello politico tra Prodi e Berlusconi. Poi Veltroni contro Bindi, Silvio contro Veronica, Alonso-Hamilton, Hillary ClintonObama. Infine due love story finite male: quella tra Sarkozy e la sua Cecilià e Corona versus Nina Moric.

© Copyright Libero, 21 dicembre 2007


Tra Grillo e Benedetto XVI spunta anche il Dr House

di Fabrizio De Feo

Roma - Doctor House, vero dominatore dell’autunno televisivo, mette a segno un altro successo. E nel sondaggio su notizie e personaggi dell’anno condotto dal sito Internet di Sky supera, a sorpresa, Walter Veltroni, Silvio Berlusconi e Romano Prodi.
La classifica, già di per sé, è anomala rispetto al passato. Gli utenti del sito della piattaforma satellitare, infatti, consegnano a Beppe Grillo, ovvero al simbolo del popolo dell’Antipolitica, lo scettro del personaggio in assoluto più popolare. Il secondo posto lo assegnano alla Fiat 500, umanizzata alla stregua di un cartone animato. E al terzo posto piazzano, a suon di clic, il personaggio interpretato da Hugh Laurie. Dietro a lui, uno dopo l’altro, i vari leader politici e i soggetti istituzionali messi in riga da un personaggio che esiste soltanto sugli schermi televisivi ma che ha acquisito un appeal che ormai va oltre i confini della fiction. E dire che Gregory House è zoppo, urticante, diffida dei colleghi e maltratta di continuo i pazienti, ricavando la sua forza esclusivamente da se stesso, dalla sua autostima e dal fatto che non gli importa cosa gli altri pensano di lui. Insomma: l’opposto di quanto previsto nel vademecum del perfetto piacione, tipico dei protagonisti delle fiction e dei nostri partiti.
La presenza di Doctor House in questa classifica non è, però, l’unico segnale poco confortante per la politica. Oltre alla rilevazione popolare fatta sul sito di Sky c’è, infatti, un altro sondaggio, questa volta ufficiale e dotato di valore scientifico, realizzato per «Sky Tg 24» dalla Ispo di Renato Mannheimer e presentato dal direttore del canale all news Emilio Carelli nella sede della Stampa Estera. Ebbene anche in questo caso nella classifica delle notizie più importanti del 2007 la politica finisce ai margini, se non nel dimenticatoio, visto che resta addirittura al di fuori della top ten delle notizie più rilevanti.
Gli italiani sembrano decisamente più interessati alla cronaca. A colpire l’immaginario e a emozionare è, innanzitutto, la morte dei sei operai nell’incendio della fabbrica di Torino, seguito dallo sciopero dei Tir e dalla morte dell’ispettore Raciti.

Nella classifica dei personaggi dell’anno la medaglia d’oro va, invece, a Benedetto XVI, seguito da Giorgio Napolitano, a sua volta tallonato dai monaci buddisti.

I politici, invece, restano a bocca asciutta, tutti superati da Beppe Grillo. Colpisce, anche, come nel settore «cronaca» due casi di cronaca nera molto seguiti da stampa e tv come l’omicidio di Garlasco e l’uccisione di Meredith finiscano in coda. Per quanto riguarda le notizie più importanti dal mondo al primo posto c’è il ritiro dei giochi considerati tossici da parte della Mattel, seguito dal ciclone in Bangladesh e dalla moratoria sulla pena di morte approvata dall’Onu. Mentre nel settore «politica» colpisce trovare la nascita del Partito Democratico soltanto al decimo posto e quella del Popolo delle Libertà al dodicesimo. Al primo c’è invece l’approvazione del decreto sugli sgravi sull’Ici dal 2008, seguita dalla notizia delle carceri piene dopo l’indulto, dal fallimento della spallata al governo Prodi, il no di Benedetto XVI ai Pacs e dal V-Day di Beppe Grillo.
Sul fronte sportivo, le notizie più seguite nel 2007 sono legate a fatti di violenza come quello della morte dell’ispettore Raciti al derby Catania-Palermo e l’uccisione del tifoso laziale Gabriele Sandri da parte dell’agente della Polstrada. Tra le notizie di costume e società al vertice ci sono lo stop dei cellulari in classe, il fenomeno You Tube e l’uscita della nuova 500. Ma a incuriosire gli italiani è stata anche la lettera pubblica di Veronica Lario al marito Silvio Berlusconi (al sesto posto).

La presentazione del sondaggio è anche l’occasione per fare il punto sugli ascolti del canale all news. «SkyTg24 raddoppia e nel 2008 offrirà due servizi esclusivi agli utenti» promette Emilio Carelli. «Intendiamo affermarci come il canale italiano delle elezioni americane e punteremo sul prime time mattutino nella fascia dalle 7 alle 10» annuncia il direttore che con il suo canale quest’anno ha vinto l’Oscar tv del mondo dell’informazione come miglior telegiornale e l’Hot Bird Tv Awards come migliore all news satellitare d’Europa. Quanto agli ascolti «è stato un anno caratterizzato da un sensibile aumento: il 62% in più nella seconda settimana di dicembre per le 39 edizioni quotidiane, rispetto allo stesso periodo del 2006».

© Copyright Il Giornale, 21 dicembre 2007

lunedì 3 dicembre 2007

Bertone, il Papa e una violinista tredicenne


Compleanno in Vaticano con Benedetto XVI che applaude i virtuosismi di una giovane ucraina

Bertone, il Papa e una violinista tredicenne

UN COMPLEANNO se non del tutto genovese, quantomeno con tante rievocazioni della Superba per il cardinale Tarcisio Bertone, l´ex arcivescovo di Genova (Arcivescovo Emerito a vita), ora Segretario di Stato Vaticano. Settantatré anni festeggiati in San Pietro con una "coreografia" suggestionata dalla presenza di Masha Diatchenko, la violinista ucraina appena tredicenne, ma già diplomata al conservatorio del capoluogo ligure.
Ad assistere anche Papa Ratzinger, che durante l´esibizione musicale con i mocassini rossi ha ritmato il tempo del pezzo scritto dal maestro Massimo Coco, figlio del giudice Francesco, il procuratore generale ucciso l´8 giugno 1976 da un commando delle Brigate Rosse, in Salita Santa Brigida, una traversa di via Balbi.
La festa di compleanno si è svolta ieri pomeriggio, alle 17, con un ricevimento nei locali attigui all´ufficio di Sua Eminenza Bertone, ricordata come la stanza della firma dei Patti Lateranensi (nel palazzo di San Giovanni in Laterano), l´accordo tra lo Stato Italiano e la Chiesa sottoscritto nel 1929.
Il Primo Ministro della Santa Chiesa ha voluto riunire attorno a sé una quarantina di persone, tra cui gli otto fratelli ed i tantissimi nipoti, molti dei quali arrivati da Romano Canavese, dalla provincia di Torino. Tra gli invitati anche alcuni amici della Lanterna, rimasti a lui cari, in particolare Davide Viziano con la moglie Maria e il broker assicurativo Piero Taverna (tutti membri dell´Ucid, l´Unione Cristiana Imprenditori Dirigenti) ma anche Massimo Spada, il pianista che più volte si è esibito con la Diatchenko, che proprio Viziano ha voluto portare a suonare dal Papa.
Benedetto XVI, come di consueto, era accompagnato dal suo "angelo custode", il segretario personale bavarese, Georg Gaenswein, 48 anni, prete della diocesi di Friburgo in Bresgovia.
E il momento più coinvolgente del ricevimento è stato quando alla fine dell´esibizione della violinista ucraina, che fa parte di cinque generazioni di musicisti, Sua Santità l´ha abbracciata, complimentandosi, regalandole un rosario e una medaglietta d´oro.

© Copyright Repubblica (Genova), 3 dicembre 2007

domenica 18 novembre 2007

Gli occhiali di Papa Benedetto...


«Ho fatto gli occhiali a Papa Ratzinger»

di Paolo Mosca

«Eminenza, adesso provi a leggere le lettere della terza riga… della quarta…».
La scena si svolge nel gennaio 2005. A sottoporsi alla visita oculistica è il Cardinale Joseph Ratzinger. Siamo nel “retro” del negozio di occhiali di Gladio e Walter Colantoni. «Quello - racconta oggi Gladio - è stato l’ultimo controllo agli occhi del Cardinale presbite.
Dopo qualche mese è diventato Papa, e non è più potuto venire personalmente a regolare o a farsi aggiustare gli occhiali».
Siamo a Borgo Pio, nel negozio che mamma Bianca e papà Silvano hanno aperto trent’anni fa. «Arrivavano dalla Sabina, e per dieci anni hanno curato gli occhi in un piccolo negozio alla Balduina. Poi si sono trasferiti qui, aiutati da due freschi diplomati in optometria, io e mio fratello. Regola uno, ci diceva mio padre, trasmettere allegria al cliente, aiutare nei prezzi i pensionati, massimo rispetto per i prelati». Quando hanno bussato alla vostra porta i primi elementi del Vaticano? «Subito. Con i Sinodi dei Vescovi da tutto il mondo. E noi, seguendo le regole di papà, aiutavamo i vescovi dei Paesi più poveri. Pensi che loro ci portavano le ricette mediche di preti, suore e di gente disperata dei loro Paesi. Bene, lavoravamo gratis. Chissà, forse è anche per questo che al Vaticano ci hanno preso in simpatia». Siete qui dal 1979. Sulla scia di Papa Luciani. Anche Giovanni Paolo II è stato un vostro cliente? «Macché, pochi sanno che lui leggeva perfettamente con un occhio, e con l’altro ci vedeva solo da lontano. Impossibile inventargli un paio di occhiali.

Il Cardinale Ratzinger è capitato qui da noi la prima volta nel 1988. Col suo soprabito nero, il suo baschetto. “Ragazzi”, diceva a me e a Walter, “ho bisogno di voi per leggere e per scrivere i miei libri”. Umile, modesto, sembrava un semplice monsignore».

E’ vero che andate a controllare la vista anche in Vaticano? «Certo. A turno, io e mio fratello saliamo con la valigetta attrezzata, e aggiustiamo la vista di cardinali anche importanti, come Sua Eminenza Giovanni Battista Re». Viene anche l’assistente del Papa, la signora Ingrid? «Lei passa spesso di qui in bicicletta. Letture di libri e di spartiti per il pianoforte la obbligano agli occhiali. Gliene abbiamo fatti cinque o sei paia». E al Papa quante paia gliene avete confezionate? «Sette o otto. “Fatemi occhiali robusti, perché devono durare a lungo”, ci ripeteva lui. Adesso, quando lo vediamo in televisione con gli occhiali, cerchiamo di capire se sono ancora i nostri». Piccoli miracoli per lei? «Avere lavorato per aiutare gli occhi di Benedetto XVI e la guarigione di mia moglie da una malattia difficile. Sono state due meravigliose emozioni». Cresimato nella Basilica di San Pietro. Ci torna spesso? «Ogni Natale, prima sotto al grande albero, e poi alla Messa solenne. Da due anni non c’è più papà. Ma se chiudo gli occhi, anche senza occhiali, Papa Ratzinger me lo fa vedere ancora vivo». Per le feste, Gladio e Walter saliranno insieme nella Segreteria di Stato: devono fare spedire tante paia di occhiali alle Nunziature più lontane e povere. «Regaliamo un Natale di luce a chi lo merita veramente».

© Copyright Il Messaggero, 18 novembre 2007

mercoledì 31 ottobre 2007

Un trattore FIAT per Papa Benedetto...


GALLERIA FOTOGRAFICA DI REPUBBLICA.IT

VATICANO: UN NUOVO TRATTORE FIAT AIUTERA' INSERVIENTI PER UDIENZE PAPA

(ASCA) - Roma, 31 ott - Le udienze e gli incontri pubblici di papa Benedetto XVI potranno contare da oggi su un nuovo sostegno meccanico: un modernissimo e potente trattore Fiat della New Holland, societa' del gruppo Fiat che si occupa della costruzione di mezzi pesanti.
Un esemplare unico, le cui chiavi sono state simbolicamente consegnate al pontefice al termine dell'udienza generale in Vaticano dall'amministratore delegato della Fiat, Sergio Marchionne. Il trattore, modello T7050 avra' il compito di trainare e posizionare l'enorme e pesante pedana mobile (di circa 17 tonnellate) posta sul sagrato di piazza San Pietro in occasione delle cerimonie pubbliche papali. Un mezzo, completamente bianco e con l'effige papale che lo stesso Benedetto XVI ha guardato stamane divertito mentre Marchionne spiegava funzioni e potenzialita'.

lunedì 29 ottobre 2007

"Incidenti" diplomatici: il Presidente del Paraguay perde la valigia con il regalo per il Papa :-)


PAPA/ UDIENZA A PRESIDENTE PARAGUAY, MA IL REGALO RESTA A PARIGI
Piccolo 'incidente', valigia con dono smarrita in aeroporto

Città del Vaticano, 29 ott. (Apcom) - Piccolo 'incidente' in Vaticano: questa mattina il Papa ha ricevuto in udienza il presidente del Paraguay, Nicanor Duarte Frutos, che non ha potuto consegnare il suo regalo al Pontefice.

Motivo? Il dono - un poncho tradizionale dipinto in 60 colori - era custodito in una valigia che, a causa di uno sciopero aereo in Francia, è rimasta all'aeroporto di Parigi.

La delegazione del presidente, infatti, è partita da Parigi venerdì scorso. Ma a causa di uno sciopero del traffico aereo, 7 bagagli su 10 sono stati persi. A nulla sono valsi i controlli di sabato e domenica all'aeroporto parigino.
Le valigie smarrite erano circa 10mila e non è stato possibile rintracciare quella del presidente sudamericano contenente il regalo per il Papa. Ma la delegazione paraguayana ha assicurato ai collaboratori del Pontefice che il regalo arriverà.

"Benvenuto, signor presidente. Molte grazie per la sua visita", ha esordito Benedetto XVI accogliendo il capo di Stato, accompagnato dalla moglie Maria Gloria Penayo e da una delegazione di 16 persone. "E' un onore incontrarla Santo Padre", ha risposto il presidente del Paraguay. "Il Paraguay è un grande paese cattolico", ha detto il Papa iniziando il colloquio privato nella Biblioteca in Vaticano, durato circa 25 minuti.

Al termine dell'udienza con il Papa, il presidente Duarte Frutos ha incontrato il segretario di Stato, il cardinale Tarcisio Bertone.

lunedì 22 ottobre 2007

Lo chef del Papa fa incetta di medaglie


ZEVIO. Una medaglia d’oro e una d’argento agli internazionali d’Italia

Lo chef del Papa fa incetta di medaglie

Fabio Groppi, mago dei fornelli di Volon, è oggi uno dei nomi blasonati della cucina internazionale

E’ sempre più ricco il carniere del “mago dei fornelli” Fabio Groppi.
Agli Internazionali d’Italia disputati a Marina di Massa, lo chef di Volon ha inanellato una personale medaglia d’oro e una d’argento.
Non solo: nel corso della stessa kermesse, la squadra di Groppi della Federazione cuochi di Verona, che presiede, ha vinto una medaglia d’oro e quattro di bronzo. Già nel 2006 Groppi aveva vinto il bronzo agli Internazionali, nella categoria a squadre.
Alle medaglie più o meno preziose, l’insegnante dell’Istituto alberghiero Stimmatini di Verona antepone il privilegio d’aver cucinato per papa Benedetto XVI durante la visita a Verona dell’ottobre scorso. Il pontefice predilige piatti semplici e vegetariani.
Ecco quale fu il menù del banchetto papale, che vide quasi una ventina di cardinali e vescovi intorno al tavolo col pontefice: fondi di carciofo con spuma alla zucca, fonduta di Monte veronese, risotto all’amarone, tortellini di Valeggio, filetto di vitello all’olio e agrumi, patate, millefoglie.
La grande foto che ritrae Groppi a tu per tu con Benedetto XVI è in bella mostra nel ristorante “Alla pesa” di Volon, che lo chef gestisce per conto dei suoceri.
Groppi, di origini piemontesi, è figlio d’arte: suo nonno cucinò per Grace Kelly. Primo ristorante tutto suo a 22 anni, entrò presto nelle guide “Veronelli” e “Gambero rosso”.
Nel 2000 l’incontro con Fabio Tacchella, team manager della Nazionale cuochi e celebre ristorante a Stallavena: ne diventerà braccio destro per anni.
Il ristorante di Volon coniuga uno chef blasonato con un locale non di lusso di un piccolo centro.
«Anche un’utilitaria può nascondere un motore di grossa cilindrata, regolabile a seconda delle richieste», osserva Groppi.
La sua filosofia è conciliare insegnamento, consulenze tecniche e attività in proprio, rimanendo accanto il più possibile alla moglie Lisa Rodini, ex campionessa di pallavolo, e al figlioletto nato da poco.
Il piatto più gettonato dai frequentatori del ristorante «Alla Pesa» è il risotto all’amarone che deliziò papa Benedetto.
Il menù del locale non è scritto: lo chef preferisce spiegare di persona come amalgama i vari sapori
.
Groppi prepara tutto con le sue mani, anche pane e dolci. Più che sui grandi numeri, dice di preferire qualità, piacere di stare ai fornelli senza frenesie, privacy della clientela. Che arriva da ogni dove, grazie al passaparola. P.T.

© Copyright L'Arena, 22 ottobre 2007

giovedì 18 ottobre 2007

Il sogno di Lilli Gruber: intervistare Papa Benedetto


(nella foto l'allora cardinale Ratzinger con la giornalista, ora parlamentare europea, Lilli Gruber)

Lilli Gruber in marcia per diventare papista

Dietlinde Gruber, conosciuta dal grande pubblico televisivo e non con il diminutivo Lilli, ora è diventata papista. La parlamentare europea di sinistra, già mezzobusto «di tre quarti» del piccolo schermo, l'altro pomeriggio ha moderato nella sala della Protomoteca in Campidoglio l'incontro dedicato alla presentazione del libro di Marco Politi intitolato «Papa Wojtyla. L'addio». Accanto a lei, il numero uno della comunità di Sant'Egidio Andrea Riccardi e il cardinale francese Jean-Louis Tauran. Di cosa si tratta, di un'improvvisa conversione sulla via di Damasco da parte dell'ex telegiornalista?
Chi la conosce bene, a Bruxelles, racconta di un progetto che sarebbe carissimo alla Gruber: intervistare all'interno del Vaticano, per un canale televisivo della Germania, Papa Joseph Ratzinger. E con lei Benedetto XVI potrebbe parlare nella sua lingua madre, il tedesco, e non in italiano. Per questa lenta ma inesorabile marcia di avvicinamento al pontefice serve però una serie di «manifestazioni d'interesse» al mondo della Santa Sede, e così è iniziata, si dice, la ricerca a rendersi protagonisti di partecipazioni a dibattiti, presentazioni ed eventi religiosi legati al mondo e alle attività della chiesa cattolica.

© Copyright Italia Oggi, 18 ottobre 2007

Piu' che presentare i libri di Politi, la Gruber dovrebbe spiegare a noi, ma soprattutto al Papa, come mai si e' scagliata contro il Pontefice subito dopo la lectio magistralis di Ratisbona...

mercoledì 17 ottobre 2007

La curiosità: clochard si arrampica su San Pietro e sveglia il Papa


CLOCHARD SI ARRAMPICA SU S.PIETRO E SVEGLIA IL PAPA

Benedetto XVI e' stato svegliato questa mattina da rintocchi imprevisti di campane. Grazie alle impalcature posizionate per i restauri, un clochard, che da anni vive a Roma senza fissa dimora, si e' infatti arrampicato verso le cinque di questa mattina sull'Arco delle Campane, dove e' riuscito a far muovere il batacchio di una delle campane di sinistra della Basilica di San Pietro. Il cittadino francese, che tra l'altro era completamente nudo oltre che ubriaco, e' stato bloccato dagli uomini della gendarmeria vaticana e consegnato alle autorita' italiane e poi sottoposto ad un trattamento sanitario obbligatorio.


Nudo e ubriaco «espugna» San Pietro

All'alba un francese è riuscito a salire fino a uno dei tre ingressi del Vaticano facendo suonare un a campana

ROMA - Nudo e completamente ubriaco è riuscito all'alba a «espugnare» San Pietro facendo suonare una delle campane del Vaticano. Protagonista della curiosa vicenda un cittadino francese senza fissa dimora nella Capitale. L'uomo è riuscito a salire fino all'Arco delle Campane, che si trova sulla sinistra della Basilica di San Pietro, prima di essere bloccato, in evidente stato confusionale, dai gendarmi della Guardia Svizzera, che lo hanno consegnato alle autorità italiane. Il francese è stato quindi sottoposto ad un trattamento sanitario obbligatorio. L'Arco delle Campane, che si trova sulla sinistra della Basilica di San Pietro, è considerato uno dei tre ingressi dello Stato del Vaticano ed è sorvegliato dalla Guardia Svizzera Pontificia. L'Arco delle Campane è considerato uno dei tre ingressi dello Stato del Vaticano ed è sorvegliato dalla Guardia Svizzera Pontificia.

lunedì 8 ottobre 2007

Il pittore Pisani omaggia il Papa dipingendo ai suoi piedi un gatto :-)


«Un gatto sulla piazza di Ratzinger»

Donatella Trotta

«Viene da noi», il grande quadro di Gianni Pisani realizzato in tempi record quest’estate, in omaggio a papa Benedetto XVI per la sua imminente venuta a Napoli, è finalmente ultimato. Con tanto di firma, apposta a suggello della sua fatica dall’artista. «Ho intenzione di donare quest’opera al Cardinale Sepe, che rappresenta la Chiesa nella nostra diocesi e che mi ha sorpreso per la sua enorme carica comunicativa, per le sue azioni concrete a favore dei poveri, per le prove di affetto carnale che offre a Napoli: città con la quale mi arrabbio spesso e litigo ma con cui faccio sempre pace, perché in fondo la amo. Profondamente», afferma Pisani, esausto ma euforico per i due mesi di lavoro indefesso che ha vissuto, dice, «quasi in trance, come un sogno goduto fino in fondo, dall’emozione iniziale della prova di affetto di papa Ratzinger per Napoli fino all’ultima pennellata». L’opera, tre metri e sessanta per tre, è nata «da un bisogno interiore» dell’artista e raffigura Benedetto XVI vestito di bianco, le braccia tese in alto come a salutare (o a pregare), sullo sfondo di una piazza Plebiscito metafisicamente vuota, ingigantita con una prospettiva grandangolare nella quale i basolati del selciato sembrano meridiani e paralleli del mondo. Rispetto alla bozza compositiva che «Il Mattino» anticipò il 31 luglio, c’è qualche piccolo cambiamento: le fasce variopinte che svettano accanto al pontefice, ripetendo la frase «Viene da noi», hanno colori più vividi nelle tonalità pastello; e i monumenti equestri della piazza non ci sono più.
Ma in compenso, sulla grande tela occhieggia, accoccolato in basso a destra ai piedi di Benedetto XVI, un placido e paffuto gatto bianco, gli occhi scintillanti dello stesso verde del ciondolo che pende dal suo collarino. Il perché del cambiamento lo spiega l’artista stesso, divertito dalla coincidenza tra le sue passioni feline e quelle del Pontefice: «Ai primi di agosto, due giorni dopo l’uscita in anteprima sul ”Mattino” della notizia che stavo lavorando a questa tela in omaggio a papa Ratzinger, ha bussato alla mia porta un sacerdote inviato dal Vaticano per vedere il quadro. L’ho accolto un po’ sorpreso, lui si è accomodato nello studio e abbiamo iniziato a parlare dell’opera. A un certo punto mi ha detto: ”Sa, quando Joseph Ratzinger è stato eletto al soglio pontificio la prima cosa di cui si è preoccupato nello sconcerto generale è stata l’organizzazione delle gabbiette per il trasferimento dei suoi due amati gatti”». Pisani ha subito pensato ai suoi tre pingui e placidi micioni, «che - racconta - se ne stavano per fatti loro in un’altra stanza. Ma la sorpresa più grande è stata quando il sacerdote mi ha detto: ”Le devo chiedere un grosso favore: maestro, faccia il possibile, raffiguri un gatto in piazza del Plebiscito!”. E così ho dovuto rivedere tutta la struttura e la composizione del quadro, rinunciando ben volentieri ai cavalli che avevo abbozzato per lasciare il posto al gatto, che è poi il mio Cinco, e assecondare così il desiderio del Vaticano». Ma come far vedere al Pontefice, in arrivo il 21 ottobre, l’opera? La collocazione più probabile, secondo fonti della Curia, potrebbe essere il Seminario ai Colli Aminei, una delle tappe della breve visita di Benedetto XVI; ma Pisani aspirerebbe a uno spazio nella chiesa di San Francesco di Paola: «Proverei la stessa gioia che ho avuto separandomi dalla Madonna che ora è nella basilica della Sanità», spiega. Intanto, Pisani sta già lavorando alla sua prossima grande antologica in programma il 23 novembre, nella nuova galleria di Francesca di Transo in piazzetta Nilo. Titolo: «Il viaggio», 50 opere tra quadri e sculture composte negli ultimi due anni che testimoniano l’itinerario esistenziale e artistico dell’artista.

© Copyright Il Mattino, 7 ottobre 2007

giovedì 4 ottobre 2007

Il gattone Chico racconta ai bambini la vita di Papa Benedetto


Vedi anche:

SERVIZIO DI SKYTG24

Attenti al gatto...del Papa :-)


Un gatto racconta la vita del papa

di Simona Santi

Un libro molto particolare: "Joseph e Chico. Un gatto racconta la vita di papa Benedetto XVI" (di Jeanne Perego con illustrazioni di Donata Dal Molin Casagrande - Edizioni Messaggero Padova).

"Quante cose vengono scritte e dette tutti i giorni sul Papa! Ma qui voi, cari ragazzi, trovate una biografia diversa dalle altre perché a raccontarla è un gatto, e non capita tutti i giorni che un gatto consideri il Santo Padre suo amico e si metta a scrivere la sua storia": è questa la prefazione di don Georg Gaenswein, segretario particolare del Papa, in un libro molto particolare: "Joseph e Chico. Un gatto racconta la vita di papa Benedetto XVI" (di Jeanne Perego con illustrazioni di Donata Dal Molin Casagrande - Edizioni Messaggero Padova).

"La storia del mio amico inizia il 16 aprile 1927 in una notte freddissima - racconta Chico -. Alle 4.15 di quel mattino nella casa al numero 11 della piazza principale di Marktl sull'Inn, qui in Baviera, nacque Joseph Aloisius Ratzinger". Chico racconta l'infanzia del piccolo Joseph, i primi studi, gli anni del seminario, la guerra e la prigionia, la laurea all'università e l'ordinazione sacerdotale a Frisinga, il 26 giugno 1951, cui seguirono gli anni dell'insegnamento e il trasferimento nella casa di Pentling.

"Ecco perché ci siamo conosciuti - racconta il gatto Chico - sai come ho fatto a capire che lui è un grande amico di noi gatti? Perché nel suo giardino ha fatto mettere una scultura che rappresenta un gatto. Se ci fosse stata una statua di un cane mi sarei guardato bene dal mettere una zampa in quel giardino! Ora Joseph Ratzinger non è più solo il mio amico, ma anche il grande amico e la guida di tutti i cattolici!".

Con un linguaggio colorito e divertente l'autrice Jeanne Perego fa raccontare a questo simpatico micio la vita del giovane Joseph fino alla sua elezione a Pontefice il 19 aprile 2005. Quando il 19 aprile 2005 Joseph Ratzinger è diventato Papa - spiega l'autrice - ero a Frisinga, uno dei luoghi in cui egli ha studiato e insegnato e dove è stato ordinato sacerdote. Lì mi è venuta l'idea di scrivere una guida ai luoghi di origine di Joseph Ratzinger e da quel lavoro è nata l'idea di questo libro: una biografia di Ratzinger per i ragazzi. Si trattava allora di trovare una chiave narrativa adatta ai miei futuri lettori e mi è venuto in mente il gatto, Chico, che la stampa di tutto il mondo aveva etichettato come 'il gatto del Papa'. Sono andata a conoscerlo in un appuntamento con i suoi simpatici e gentilissimi padroni, quelli veri, che mi hanno raccontato la relazione tra il Papa e quel gattone rossiccio.

© Copyright Korazym

lunedì 1 ottobre 2007

Una Messa per il Papa in San Pietro il 10 ottobre...


Grazie alla nostra Gemma possiamo leggere questo interessante articolo per Style Magazine del Corriere della sera.
R.

L’organo del Papa

di Alessandra Borghese

Erano centinaia di anni, dai tempi di Anton Bruckner, che non veniva composta una messa dedicata ad un pontefice. La prima assoluta di Tu es Petrus, realizzata appositamente per Benedetto XVI, ha avuto luogo nella cattedrale di Santa Hedwig a Berlino lo scorso aprile per festeggiare gli 80 anni di papa Ratzinger, presente tra gli altri anche il Cancelliere Angela Merkel.
Il prossimo 10 ottobre, nella Basilica di San Pietro a Roma, sarà riproposta per una prima italiana la messa dedicata al Papa. L’ideatore di questo particolare progetto sinfonico è Wolfgang Seifen, organista di fama, già studente del rinomato coro dei Regensburg Domspatzen di cui Georg Ratzinger (fratello maggiore di papa Benedetto XVI) per circa venti anni è stato il Maestro di Cappella.
Tu es Petrus verrà eseguita da 240 musicisti tra orchestra e coro, tutti studenti dell’Università di Humboldt di Berlino, nessun professionista, molti i non cattolici, alcuni addirittura atei. Un progetto quindi anche con una forte valenza spirituale.

© Copyright Style Magazine

A "Gesu' di Nazaret" il Gran Premio Capri San Michele 2007


E il «San Michele» va a Papa Ratzinger

DONATELLA TROTTA Capri.

A «Gesù di Nazaret», il best seller di Joseph Ratzinger-Benedetto XVI, edito da Rizzoli e tradotto in più lingue, va il Gran Premio Capri San Michele 2007. Lo ha annunciato ieri ad Anacapri, in apertura della cerimonia di premiazione in piazza San Nicola, Raffaele Vacca, presidente dell’Associazione di Varia Umanità che da 24 anni promuove l’iniziativa culturale. «È un libro - questa la motivazione di Vacca - che illumina le precedenti opere di Ratzinger, con semplicità di linguaggio e presentando senza pretese magisteriali il Cristo storico, dona nuovo senso al diffuso bisogno di Dio, rivelando come la fede si fondi su una storia vera». Il conferimento del premio, si è appreso, avverrà «secondo modalità che saranno indicate dal Papa». Finora, il Gran Premio Capri San Michele era stato conferito solo a Giovanni Paolo II nel 2002, per il suo volume «Strade d’amore» (Bompiani). La notizia è stata accolta con soddisfazione dal parterre presente alla cerimonia, allietata dagli interventi musicali della pianista Maria Sbeglia, del violinista Amedeo Bagnasco e dei maestri Vincenzo De Gregorio e Mario Bindi. Sul palco, si sono così alternati i 18 vincitori delle varie sezioni, scelti da una giuria presieduta da Francesco Paolo Casavola e composta da Grazia Bottiglieri Rizzo, Vincenzo De Gregorio, Marta Murzi Saraceno, Lorenzo Ornaghi, Ermanno Corsi e Raffaele Vacca (segretaria Fabiola Vacca): tra essi, il cardinale William Levada, prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, Giovanni Bazoli, presidente di Banca Intesa San Paolo e l’industriale parmense Marco Rosi (nella sezione Varia Umanità); Lucia Annunziata (premio De Feo per il giornalismo); Franco Nobili, già presidente dell’Iri (premio Tiberio). E ancora, Paola Bignardi e Carlo Cardia, per il contributo sulle sfide del laicato; Mirella Ferrari, Pietro Zerbi ed Ernesto Preziosi che hanno raccontato Ezio Franceschini nel centenario della morte; Fabio Zavattaro, che con Savino Pezzotta e il libro sui cattolici e la politica, ha delineato uno scenario in evoluzione. Tra le novità del Premio, la Campanella di San Michele, riconoscimento assegnato, tra gli altri, a Grazia Bottiglieri Rizzo, appena nominata cavaliere del lavoro.

© Copyright Il Mattino, 30 settembre 2007


Vedi anche:

"GESU' DI NAZARET" DI JOSEPH RATZINGER-BENEDETTO XVI

martedì 11 settembre 2007

Benedetto XVI e i primi testimoni della fede


E' uscito il libro Benedetto XVI "Gli apostoli e i primi discepoli di Cristo. Alle origini della Chiesa"

IL LIBRO

Pietro, Andrea, Giovanni, Giacomo... Ci sono tutti i testimoni di quell' avvenimento eccezionale nel libro di Benedetto XVI Gli apostoli e i primi discepoli di Cristo. Alle origini della Chiesa (Libreria editrice vaticana, pagine 184, euro 10). Duemila anni fa Dio è entrato nella storia con Gesù. Il cristianesimo è anzitutto un fatto storico sconvolgente che Joseph Ratzinger ha sempre tenuto a sottolineare sin dalla sua elezione a Pontefice. Non sorprende quindi che per un intero anno abbia dedicato le catechesi del mercoledì a coloro che scelti da Cristo videro con i propri occhi il Figlio di Dio. Oltre ai dodici, nel volume sono raccolte anche le lezioni di Benedetto XVI sui primi discepoli di Gesù di Nazaret, a cominciare da Paolo di Tarso chiamato da Cristo stesso ad annunziare la buona novella della Resurrezione. Un ritratto del cristianesimo delle origini che avvicina il credente di oggi a quell'avvenimento sensazionale. Per riappropriarsi di una storia che si tramanda di generazione in generazione grazie alla comunità che da Cristo ha preso origine: la Chiesa. «Gli apostoli - dice il Papa - sono il segno più evidente della volontà di Gesù riguardo alla missione della sua Chiesa». Un libro per testimoniare al mondo un messaggio che valica i tempi, firmato dall'ultimo successore di quei testimoni: Benedetto XVI.

© Copyright Avvenire, 9 settembre 2007

domenica 9 settembre 2007

Per sorridere: il Papa "prigioniero" del vento


Papa in Austria: "Anche il vento ci parla di Dio"

VIENNA (Austria) - ''Anche il vento ci parla di Dio''. Lo ha detto Benedetto XVI quando la brezza gli ha scompigliato i capelli e mosso i fogli e il mantello. ''Ma ringraziamo - ha aggiunto il Papa - che c'e' anche un po' di sole''. Lasciato il Duomo, il Papa si e' poi recato al Palazzo Arcivescovile di Vienna dove lo attendeva il pranzo offerto dall'arcivescovo Cristoph Schoenborn. (Agr)

LA SEQUENZA FOTOGRAFICA DAL SITO DI REPUBBLICA

mercoledì 5 settembre 2007

PROGRAMMAZIONE TELEVISIVA E RADIOFONICA PER IL VIAGGIO IN AUSTRIA


Trasmissioni straordinarie in occasione del viaggio apostolico del Santo Padre in Austria (7-9 settembre 2007):

Venerdì 7 settembre 2007

Vienna, Cerimonia di Benvenuto
Ore 11.15 - 12.00 ca.

Da Vienna, Cerimonia di Benvenuto nell'aeroporto Wien/Schwechat.


Vienna, Preghiera alla Mariensaeule
Ore 12.45 - 13.30 ca.

Da Vienna, Preghiera alla Mariensaeule di Vienna


Vienna, incontro con il Corpo diplomatico
Ore 17.45 - 18.45 ca.

Da Vienna, Incontro con le autorità e con il Corpo Diplomatico


Sabato 8 settembre 2007

Mariazell, Santa Messa
Ore 10.30 - 12.30 ca.

Da Mariazell, Santa Messa per l'850° anniversario della fondazione del Santuario.


Mariazell, Vespri mariani nella Basilica del Santuario
Ore 16.45 - 18.00 ca.

Da Mariazell, Vespri mariani con sacerdoti, religiosi, diaconi e seminaristi nella Basilica del Santuario.


Domenica 9 settembre 2007

Da Vienna, Santa Messa nel Duomo di Santo Stefano.
ore 10.00 - 12.15 ca.

Da Vienna, Santa Messa nel Duomo di Santo Stefano.


Da Vienna, Incontro con il Mondo del Volontariato.
Ore 17.30 - 18.45 ca.

Da Vienna, Incontro con il Mondo del Volontariato nel Wiener Konzerthaus.


Da Vienna, Cerimonia di Congedo.
Ore 19.15 - 19.45 ca.

Da Vienna, Cerimonia di Congedo nell'aeroporto Wien/Schwechat.

domenica 2 settembre 2007

Per il Papa a Loreto un pranzo tipicamente marchigiano


PAPA/ PRANZO MARGHIGHIANO CON CIAUSCOLO, ROSSO 'KOMAROS' E PASSITO
Antipasto di salumi,penne,filetto,crema di riso il menù di Loreto

Loreto (Ancona), 2 set. (Apcom) - Antipasto all'italiana, penne al pomodoro e basilico, filetto ai ferri con patatine novelle e insalata verde. Per finire crema di riso ai frutti di bosco. Il tutto 'condito' con vino locale 'Komaros' delle Marche, 'Cardinal Bonaccorso' dei colli maceratesi e un 'Dorato moscato passito. È questo il menu di Papa Ratzinger che pranza nella 'Sala Macchi' del Palazzo apostolico a Loreto.
Menu preparato dall'Istituto d'Istruzione Superiore Alberghiero 'Antonio Nebbia'. L'antipasto comprende prosciutto crudo, ciauscolo, salame, olive verdi, insalatina.
Alla mensa sono presenti circa 40 vescovi della Conferenza episcopale italiana, guidati da monsignor Angelo Bagnasco.

domenica 26 agosto 2007

Il Papa a Loreto: attenzione all'ecologia


AGORA' LORETO, EVENTO A BASSO IMPATTO AMBIENTALE
Torcia a dinamo, libretto con carta riciclata e posate ecologiche

Città del Vaticano, 25 ago. (Apcom) - La raccolta differenziata dei rifiuti, l'utilizzo dei materiali ecologici, il libretto liturgico con carta riciclata, la torcia elettrica senza batterie ma a dinamo: sarà un evento a basso impatto ambientale l'Agorà dei giovani, il mega raduno che si terrà a Loreto il primo e il due settembre alla presenza di Papa Benedetto XVI.
Sono state infatti messe a punto tutte le strategie educative e logistiche per rendere la manifestazione rispettosa del Creato e capace di aiutare le nuove generazioni ad individuare comportamenti e stili di vita efficaci per la tutela dell'ambiente. L'evento, infatti, coincide con la II Giornata per la salvaguardia del Creato e per questo "il messaggio di tutela dell'ambiente - spiega in una nota don Paolo Giulietti, responsabile nazionale della Pastorale giovanile della Cei - sarà affidato non tanto alle parole, quanto ai gesti che i giovani faranno e alle cose che utilizzeranno".
Si utilizzeranno dunque materiali ecologici fino ad arrivare alla raccolta differenziata dei rifiuti. Gli oggetti forniti ai giovani (si attendono per il raduno circa 300mila partecipanti) sono realizzati con materie prime derivanti dal riciclaggio o prodotte in materia compatibile con l'ambiente: i blister delle posate sono in 'mater b', polimero vegetale perfettamente comportabile; il vademecum e il libretto liturgico sono prodotti con carta riciclata, la torcia elettrica si ricarica con una dinamo e non utilizza batterie, il telo multiuso è fatto con nylon riciclato. Anche la sacca del pellegrino è realizzata in tessuto per poter essere riutilizzata, così come il pass che diventa un porta cellulare. La busta che contiene i pasti è una vera e propria borsa termica. All'interno della sacca i ragazzi troveranno anche sacchetti colorati per la raccolta differenziata.
Nell'ambito della manifestazione 'Loreto 2007' sarà anche avviata l'operazione di azzeramento delle emissioni di CO2: per smaltire l'anidride carbonica prodotta durante l'evento, infatti, sarà messo a dimora un numero consistente di alberi. La salvaguardia del Creato sarà infine il tema di una delle otto 'fontane', gli spazi di incontro per i giovani aperti durante la notte della veglia del primo settembre.

domenica 19 agosto 2007

L’uomo che sceglie i fiori del Papa


L’uomo che sceglie i fiori del Papa

di Paolo Mosca

POSSO chiamarla “l’uomo dei fiori del Papa?”.

Per Elio Cortellessa, 62 anni, molisano, è un grande complimento. Da 35 anni sovrintende i giardini vaticani: coordina l’allestimento degli addobbi floreali delle cerimonie in piazza San Pietro, nella Basilica, nell’aula Paolo VI. “Avevo 16 anni quando lasciai il mio paese di Pozzilli: papà faceva la guardia forestale. Per anni, lui e mamma Rosa, mi avevano addormentato la sera raccontandomi favole di piante, fiori e primavere. Andai al nord, a Minoprio, sul lago di Como, a studiare per 5 anni giardinaggio e floricoltura”.

Ma come ha fatto la provvidenza a farla arrivare a Roma, a capo dei giardini vaticani?

“Alla mostra floreale di Verona ho incontrato il dottor Ponti per caso: era un dirigente del Vaticano che stava cercando un nuovo direttore proprio per i giardini. Bene, dopo un mese ero qui a Roma. Non credevo ai miei occhi in mezzo a quei 22 ettari di verde. Sembrava una delle favole di mio padre”.

E come regalo di nozze, lei e sua moglie Celeste, andate a vivere in una casetta nel centro dei giardini, a pochi metri dalla cupola di San Pietro.

“Ci siamo sposati ad Ottati, vicino Salerno. Avevamo già fede, ma nella casetta sono nati due fiori miracolosi, Antonio e Arianna”.

Il Papa, una volta al giorno, al tramonto, viene a passeggiare sfiorando la vostra casa.

“Passa un po’ più in alto, nella zona boschiva. La chiamano la passeggiata ombrosa. Lassù, tra 60 fontane e 12000 piante, c’è una riproduzione fedele della grotta di Lourdes. La Madonna, e un altare raro che la città miracolosa ha regalato a Giovanni XXIII. Là tutti i Papi, sull’esempio di Pio XII, si fermano a pregare”.

Ad ogni Papa che viene eletto, i giardini dedicano un grande stemma di fiori: ce li descrive?

“La struttura esterna, con le chiavi di San Pietro resta intatta. Cambia il tema floreale all’interno. Lo stemma di Paolo VI aveva le torri e un castello. Quello di Giovanni Paolo I, purtroppo, non facemmo in tempo ad allestirlo. Per Giovanni Paolo II una grande M di Maria e una croce. E oggi c’è lo stemma di Papa Ratzinger: con l’orso, la conchiglia e il moro”.

Per lei lavorano 32 persone. Da dove arrivano i fiori per le grandi cerimonie?

“Dal giovedì santo fino al martedì dopo Pasqua, ci arrivano dall’Olanda. Tulipani, giacinti, iris, azalee. La Domenica delle Palme, addobbiamo basilica e piazza con olivi secolari, palme che arrivano dalla Puglia. A Natale, con i fiori di Sanremo coloriamo le colonne del Bernini, e la parte bassa dell’altare della Confessione: stelle bianche e rosse, agrifogli, pungitopo”.

Ma quale è stato il miracolo della sua vita?

“Me lo ripete sempre mamma Rosa, che oggi ha 88 anni, ma una testa lucidissima: il Signore ti ha fatto un miracolo, perché dal Molise ti ha trasportato quasi in cielo”.

Con che fiori avete addobbato le beatificazioni di padre Pio e di madre Teresa?

“Per lui 12000 rose, gladioli, piante verdi aromatiche della Puglia, 350 felci, timo e spezie pensando ai suoi profumi miracolosi. Per madre Teresa rose bianche e San Carlino: un crisantemo in miniatura, candido come la sua purezza”.

Non è mai apparso in televisione?

“Io appaio ogni sera davanti a mia moglie, a tavola, con un piatto di lasagne cucinate con amore”.

© Copyright Il Messaggero (Roma), 19 agosto 2007

mercoledì 8 agosto 2007

Chicche di gossip: Papa Benedetto? Uno degli uomini piu' eleganti del mondo


Incoronate le calzature Prada in pelle di Benedetto XVI

Le scarpe rosse del Papa accessorio dell'anno Lo ha stabilito una classifica stilata dai lettori della rivista americana Esquire

LOS ANGELES - Papa Benedetto XVI è tra gli uomini più eleganti del pianeta. Parola dei lettori della rivista Esquire e dei responsabili del magazine americano che ha compilato l'annuale lista dei «meglio vestiti» al mondo. Nel suo ultimo numero (settembre) la rivista gli ha conferito il titolo di «accessorizer of the year» , ovvero l'uomo che indossa l'accessorio dell'anno, per le sue scarpe in pelle di color rosso (Prada).

I «MEGLIO VESTITI» - La classifica dei 23 «Best Dressed» è guidata da Tom Brady (30), il muscoloso quarterback dei «New England Patriots», nonchè fidanzato e prossimo alle nozze con la top Gisele Bündchen. «L'abito calza sempre a pennello, sullo stile dei Kennedy. Inappuntabile pure in pantaloni sportivi», sentenzia il giornale. Nella lista figurano poi anche il possibile candidato dei Democratici alle presidenziali americane, Barack Obama (46) e il produttore rap Jay-Z (37). Non poteva mancare Nicolas Sarkozy (52), incoronato appena qualche giorno fa anche dall'americana Vanity Fair come il meglio vestito degli uomini del 2007. Gli altri personaggi citati per il loro look impeccabile sono il James Bond Daniel Craig (39), l'albergatore newyorkese Andre Balazs (50) e il ristoratore italo-americano Giuseppe Cipriani. «La selezione è stata fatta da una lista di migliaia di uomini in tutto il mondo», ha detto l'editore Richard Dorment. «E' molto importante avere un accessorio che ti distingue da tutti gli altri», ha invece aggiunto, riferendosi alla scelta di papa Benedetto. Uno solo l'italiano è presente nell'elenco del ventitre di Esquire, Luca Cordero di Montezemolo, al nono posto.

Elmar Burchia

Corriere online

martedì 7 agosto 2007

Un concerto per il Papa...


Concerto per il Papa. Suona il nunzio

A Castelgandolfo l’ arcivescovo del Brasile al pianoforte

CASTELGANDOLFO - Concerto per pochi intimi, più unico che raro, in onore di Papa Ratzinger. Lorenzo Baldisseri, nunzio apostolico in Brasile, in via del tutto eccezionale stasera indosserà i panni del pianista lasciando per un attimo da parte quelli dell’arcivescovo. Gli ospiti invitati a Castel Gandolfo, una ventina in tutto, ascolteranno una sua performance al pianoforte a coda. L’austera atmosfera del palazzo sarà rotta dall’esecuzione di brani di Chopin e Mozart. 65 anni, diplomatosi in gioventù al conservatorio di Berlino con le sonate op. 109, 110 e 111 di Beethoven, Baldisseri ha avuto modo di farsi apprezzare come virtuoso durante il viaggio papale a San Paolo, nel maggio scorso, quando sorprese Benedetto XVI con l’esecuzione di partiture difficili. Recentemente ha persino inciso anche un Cd (sborsando di tasca propria 3 mila euro) contenente 12 pezzi di Albeniz, Debussy, Chopin. Sarà in vendita anche in Italia per finanziare progetti caritativi.
F.GIA.

© Copyright Il Messaggero, 7 agosto 2007

venerdì 27 luglio 2007

Intervista (in tedesco) a Mons. Georg Gänswein


Intervista integrale a Mons. Georg Gänswein (traduzione completa in italiano)

Intervista a Mons. Georg Gänswein (versione francese, a cura di Ruedi)

»Der Papst trägt immer weiß. Auch beim Fernsehen«

Wenn man schon die einmalige Gelegenheit hat, mit dem Privatsekretär von Benedikt XVI. zu sprechen, dann auch über ganz weltliche Dinge. Schließlich wohnt Georg Gänswein mit dem Papst in einer Art WG.

SZ-Magazin: Herr Prälat, wie geht es dem Papst?

Georg Gänswein: Es geht ihm gut, er fühlt sich wohl, arbeitet viel und legt ein hohes Tempo vor.

Benutzt er das Trimmrad, das ihm sein Leibarzt Buzzonetti verordnet hat?

Das Trimmrad steht bei uns im Appartamento Privato.

Was heißt das?

Es steht brav zum Benutztwerden bereit.

Als Kardinal wollte Joseph Ratzinger noch zurücktreten, er sei erschöpft.

Mit der Wahl zum Papst ist etwas passiert, was er weder angestrebt noch gewollt hatte. Aber ich bin überzeugt davon, dass dann, als er sich nach und nach in den Willen Gottes hineingefügt hat, die Amtsgnade in Person und Wirken sichtbare Spuren hinterlassen hat und hinterlässt.

Wie hatte er auf die Wahlentscheidung reagiert?

Ich kam in dem Moment hinzu, als die Kardinäle in der Sixtinischen Kapelle, einer nach dem anderen, vor dem Papst knieten und ihm Treue und Gehorsam versprachen. Sein Gesicht war fast so weiß wie die neue weiße Soutane und der Pileolus auf dem Kopf. Er sah mächtig mitgenommen aus.

Was ist Ihnen in dieser Stunde durch den Kopf gegangen?

Es war wie ein Wirbelsturm, eine klare Gedankenfindung gänzlich unmöglich. Auch die Tage nachher war es eher tsunamiartig.

Und wann wussten Sie, dass sich Ihr Leben grundlegend verändern wird?

Es war so: Als ich nach den Kardinälen bei der Huldigung an der Reihe war, sagte ich: »Heiliger Vater, ich verspreche Ihnen meinen Gehorsam, meine Treue, meinen Einsatz in allem, was Sie von mir verlangen. Ich stehe Ihnen mit all meinen Kräften ohne Einschränkung zur Verfügung.«

Die Antwort?

Er blickte mich an, nickte mit dem Kopf und dankte.

Hat sich Ihr Salär verändert?

Ich verdiene nicht mehr und nicht weniger als vorher. Der einzige Unterschied ist, dass sich auf dem Lohnstreifen die Adresse geändert hat.

Der Sohn des Schmieds aus einem 450-Seelen-Dorf im Schwarzwald, der nun neben dem Heiligen Vater im Helikopter reist und die Sorgen einer Weltkirche teilt – fragt man sich da: Warum ich? Was will Gott von mir?

Genau diese Frage habe ich mir in der Tat gestellt – und nicht nur einmal. Es ist ja eine Aufgabe, die nicht planbar ist. Indem ich dem Heiligen Vater Treue und Gehorsam versprach, versuchte ich auf die Frage zu antworten. Darin sehe ich persönlich auch einen Fingerzeig Gottes, mich dieser Aufgabe ohne Vorbehalte zu stellen.

Vermutlich sind Sie der erste Papstsekretär der Kirchengeschichte, der neben dem Pontifex auch selbst im Blickpunkt der Öffentlichkeit steht: People-Magazine schwärmen vom »Sunnyboy in der Soutane«. Sie seien, so die Schweizer Weltwoche, »unbestritten der schönste Mann im Talar, der je im Vatikan zu sehen war«. Donatella Versace hat Ihnen sogar eine eigene Mode-Linie gewidmet. Stört Sie Ihr Image als Frauenschwarm?

Nicht dass ich rot geworden wäre, es hat mich eher etwas irritiert. Es tut nicht weh und es schmeichelte mir zunächst auch, und es ist doch keine Sünde. So frontal und direkt bin ich zuvor noch nie mit meiner Schale konfrontiert worden. Dann habe ich gemerkt, dass dies großteils Ausdruck von Sympathie ist: ein Bonus, kein Malus; damit kann ich gut umgehen. Allerdings möchte ich schon auch, dass man nicht bei meinem Äußeren stehen bleibt, sondern auch die Substanz unter der Schale zur Kenntnis nimmt.

Bekommen Sie Liebesbriefe?

Ja, gibt’s hin und wieder auch.

Sie sprachen einmal von »klerikalem Neid«.

Ich sagte das im Zusammenhang mit Aussagen, dass man über mich schlecht redet: »Der will Macht gewinnen; der will sich in den Vordergrund stellen« und dergleichen mehr. Es gab, es gibt dummes negatives Gerede, teilweise wird schlichtweg gelogen. Aber darum kümmere ich mich nicht mehr.

Auch aus dem Vatikan heraus?

Der Vatikan ist nun einmal auch ein Hofstaat. Und dort gibt’s Hofgeschwätz. Aber es gibt auch Pfeile, die ganz bewusst und gezielt abgeschossen werden. Ich musste erst lernen, damit umzugehen.

Sie sollen angeblich für den vakanten Bischofssitz von München zur Verfügung stehen.

Das sind ungelegte Eier. Frei erfunden, an den Haaren herbeigezogen.

Niemand hielt es für möglich, dass nach einem »Jahrtausendpapst« wie Karol Wojtyla ein Nachfolger so schnell reüssieren könnte. Nun ist alles anders. Nicht nur, dass Benedikt XVI. doppelt so viele Besucher anzieht. Dass seine Schriften Millionenauflagen erzielen. Papst Ratzinger gilt inzwischen als einer der bedeutendsten Denker der Gegenwart. Und im Gegensatz zu seinem Vorgänger wird er bislang kaum kritisiert. Was hat er, was andere nicht haben?

Mit dem Papstsein ist natürlich eine größere Erreichbarkeit, eine größere Wirkungsmacht und auch eine größere Durchschlagskraft gegeben. Ein Kenner der römischen Szene sagte einmal während der Bayern-Reise des Papstes im vergangenen Herbst: »Johannes Paul II. hat die Herzen der Menschen geöffnet, Benedikt XVI. füllt sie.« Da ist viel Wahres dran. Der Papst erreicht die Herzen der Menschen, er spricht sie an, aber er spricht nicht von sich, er spricht von Jesus Christus, von Gott, und das anschaulich, verständlich, überzeugend. Das ist es, was die Menschen suchen. Benedikt XVI. schenkt geistliche Nahrung.

Wollte Johannes Paul II., dass Kardinal Ratzinger sein Nachfolger wird?

Darüber wurde viel spekuliert. Ich weiß es nicht.

Immerhin hat er ihn, trotz Ratzingers mehrfacher Bitte um Demission, als Präfekten der Glaubenskongregation nicht aus dem Amt entlassen.

Sehen Sie das als Argumentum e silentio an, als Schlussfolgerung aus dem Stillschweigen? Mag sein. Papst Johannes Paul II. hat gegenüber engen Mitarbeitern ja öfter gesagt: Ich möchte Kardinal Ratzinger behalten, ich brauche ihn als theologischen Kopf. Daraus könnte man ja einiges ableiten.

Es ist ruhiger geworden im Palazzo Apostolico. Benedikt XVI. hat die Zahl der Audienzen deutlich reduziert und selten Gäste zu Tisch. Ausgerechnet unter einem Deutschen wird weniger gearbeitet?

Es wird nicht weniger gearbeitet, sondern konzentrierter. Der Papst ist ein straffer und schneller Arbeiter. Dazu braucht er aber Zeit: zum Lesen, zum Studium, zum Gebet, zum Nachdenken, zum Schreiben. Das geht nur, indem man vieles strafft, manches verändert oder auch streicht, um des Wichtigeren willen.

Heißt das, dass sein Vorgänger konzeptionell ein bisschen überfordert war?

Ganz und gar nicht. Bei Johannes Paul II. ist im Vergleich zu früheren Pontifikaten alles ins Superlative gestiegen. Denken Sie nur an die Zahl der Audienzen, der Reisen, der Dokumente, der liturgischen Feiern, oder auch an die frühmorgendlichen heiligen Messen in der päpstlichen Privatkapelle, wozu ja immer Menschen eingeladen waren. Das kostet Tag für Tag eine Menge Zeit, die ausgespart werden muss. Für Benedikt XVI. wäre ein solcher Rhythmus undenkbar. Und schließlich ist Johannes Paul II. nicht mit 78 Jahren, sondern mit 58 Papst geworden.

Am Ende der Ära Wojtyla ist ziemlich viel liegen geblieben.

Es ist ein offenes Geheimnis, dass Papst Johannes Paul II. sich nicht sehr stark um die römische Kurie gekümmert hat. Das ist keine Kritik, sondern einfach ein Faktum. Der jetzige Papst hat die letzten 23 Jahre an wichtigster Stelle in der Kurie gearbeitet. Er kennt sie wie kaum ein Zweiter. Das ist für ihn eine einmalige Erfahrung und ein riesengroßer Vorteil.

Ein Papst kann Probleme mit der Kurie haben?

Ein Blick in die Geschichte sagt: Ja, das kann vorkommen. Eine Schwachstelle ist sicherlich die Indiskretion. Es ist leider so, dass es bezüglich Ernennungen, Erarbeitung von Dokumenten, disziplinärer Maßnahmen et cetera immer wieder poröse Stellen gibt. Das ist nicht nur ärgerlich. Darin liegt auch die Gefahr, dass von außen bewusst Einfluss ausgeübt werden kann, der Irritationen nach sich zieht. Ein anderer Punkt: Überall dort, wo, wie in der römischen Kurie, eine internationale Besetzung am Werk ist, gibt es unterschiedliche Mentalitäten, Arbeitsstile, Vorstellungen, Tempi und persönliche Charaktere, die aufeinandertreffen. Manchmal kann das auch zum Funkenschlag führen.

Ist der Papst überhaupt Herr der Prozesse?

Zweifeln Sie daran? Der Papst empfängt in den Audienzen regelmäßig seine wichtigsten Mitarbeiter. Tag für Tag. Woche für Woche. Darüber hinaus kommen die Behördenchefs in regelmäßigen Abständen in Audienz. Damit ist institutionell nicht nur der notwendige persönliche Kontakt, der nötige Informationsfluss garantiert, sondern auch ein Austausch, der für beide Seiten unerlässlich ist. Der Papst hört zu, holt Rat, bedenkt, entscheidet.

Joseph Ratzinger ist schnell im Studieren von Akten.

Blitzschnell, und er hat ein Elefantengedächtnis.

Einige kritisieren, der Papst befinde sich in einer Art splendid isolation, einem goldenen Käfig. Es gebe kein Herankommen an ihn.

Das ist Unsinn. Jeden Vormittag finden Privataudienzen statt, nachmittags dann die Arbeitstreffen mit den engsten Mitarbeitern. Und das an sechs Wochen-tagen. Darüber hinaus gibt es viele Begegnungen innerhalb und außerhalb der vatikanischen Mauern. Goldener Käfig? Ach was! Mag ja auch sein, dass sich dahinter eine Kritik an mir verbirgt. Dass ich den Papst zu stark abschirme. Gänzlich übertrieben.

Er ist im Grunde ein schüchterner Mensch. Gleichzeitig hatte er immer etwas Unbequemes an sich, eine Widerspenstigkeit gegen das allzu Gängige, gegen die Dummheit.

Dass der Heilige Vater kein draufgängerischer, sondern ein zurückhaltender Mensch ist, kann jeder wahrnehmen.

Alle seine wichtigen Texte schreibt der Papst selbst, auch die Rede von Regensburg mit dem umstrittenen Zitat aus einem historischen Buch über einen Disput mit den Muslimen. Warum hat den Text niemand gegengelesen?

Ich halte die Regensburger Rede, so wie sie gehalten wurde, für prophetisch.

War das Erschrecken groß, als die wütenden Attacken aus der islamischen Welt bekannt wurden?

Dass es einige grobe Reaktionen gab, hörten wir erstmals nach der Rückkehr aus Bayern am Flughafen in Rom. Es war eine große Überraschung, auch seitens des Papstes. Der mächtige Wirbel war zunächst durch Zeitungsberichte entstanden, die ein bestimmtes Zitat aus dem Zusammenhang gerissen und als des Papstes persönliche Meinung dargestellt hatten.

Im real existierenden Islam, also überall dort, wo diese Religion Staat und Gesellschaft beherrscht, werden Menschenrechte mit Füßen getreten. Die Verfolgung von Christen hat dramatisch zugenommen. Und der Präsident der islamischen Republik Iran hat gerade wieder erklärt, der Countdown für die Zerstörung Israels habe begonnen. Ist die Vorstellung von einem echten Dialog mit dem Islam nicht allzu naiv?

Die Islamierungsversuche im Westen sind nicht wegzureden. Und die damit verbundene Gefahr für die Identität Europas darf nicht aus falsch verstandener Rücksicht ignoriert werden. Die katholische Seite sieht das sehr klar und sagt es auch. Gerade die Regensburger Rede sollte einer bestimmten Blauäugigkeit entgegenwirken. Festzuhalten ist, dass es den Islam nicht gibt, und er kennt auch keine alle Muslime verpflichtend-bindende Stimme. Unter dem Begriff versammeln sich viele, unterschiedliche, teils untereinander verfeindete Strömungen, bis hin zu Extremisten, die sich bei ihrem Tun auf den Koran berufen und mit dem Gewehr zu Werke gehen. Auf institutioneller Ebene versucht der Heilige Stuhl, durch den Päpstlichen Rat für den interreligiösen Dialog Kontakte zu knüpfen und Gespräche zu führen.

Die päpstliche Familie im Palazzo Apostolico ist die berühmteste und einflussreichste WG der Welt: vier Frauen, die den »Memores«, der Gemeinschaft Comunione e Liberazione, angehören, zwei Sekretäre, der Papst. Sie beten zusammen, essen zusammen und schauen abends im Wohnzimmer gemeinsam fern. Wie ist Benedikt XVI. als Wohnungsgenosse?

Die päpstliche Familie ist in der Tat eine frohe internationale Wohngemeinschaft: zwei Deutsche, ein Pole und vier Italienerinnen, die sich vorher so gut wie nicht kannten. Erster wichtiger Schritt war es, einen Modus vivendi zu finden. Das richtige Wort, das richtige Geben, das richtige Nehmen, Schweigen, Nichtschweigen. Schon nach kurzer Zeit hat sich eine sehr herzliche familiäre Atmosphäre entwickelt. WG-Sprache ist Italienisch. Der Papst ist schließlich Bischof von Rom. Kleine Korrektur, was das gemeinsame Fernsehen betrifft: Das ist pure Fantasie; der Heilige Vater und die beiden Sekretäre schauen sich abends höchstens die Nachrichten gemeinsam an. Der Tagesverlauf ist natürlich durch den Audienz- und Arbeitsrhythmus des Papstes geprägt; aber wir versuchen, da und dort auch immer wieder kleine persönliche »Highlights« einzubauen.

Highlights?

Highlights klingt vielleicht etwas übertrieben. Ich meine einfach, dass persönliche Ereignisse, Namenstage und andere wichtige persönliche Gedenktage entsprechend begangen werden.

Wenn Sie abends fernsehen – trägt der Papst dann Privatkleidung?

Nein. Der Papst ist in Weiß – immer.

Muss ein Papst Schuhe von Prada tragen?

Muss? Überhaupt nicht! Journalisten haben ja eine lebhafte Fantasie.

Tut er es denn?

Die Antwort bleibe ich Ihnen schuldig.

Sie stammen wie der Papst aus einfachen Verhältnissen und beide sind Sie auf dem Dorf groß geworden. Was wird einem da in die Wiege gelegt?

Mit Sicherheit eine gute Portion an gesunder frischer Natürlichkeit, die ein unbestechlicher Filter ist gegenüber Ungesundem, egal in welcher Maske es auftritt. Ein Instinkt, der hilft, Echtes von Unechtem zu unterscheiden.

Sie waren zu Hause fünf Kinder, der Vater Schmied, die Mutter Hausfrau.

Mein Vater führte in der siebten Generation einen Schmiedehandwerksbetrieb, später kam ein Landmaschinengeschäft hinzu, das allerdings nicht unbedingt das große Geld brachte. Bis zu meinem sechsten Lebensjahr hatten wir noch eine kleine Landwirtschaft. Wir mussten uns manchmal mächtig strecken. Darüber hinaus war mein Vater in der örtlichen Kommunalpolitik aktiv, ebenso in vielen Vereinen. Abends war er deshalb selten zu Hause. Umso mehr musste dann unsere Mutter die Pflicht und Last der Erziehung der Kinder tragen. Wir fünf Kinder hatten eine unbeschwerte Kinderzeit. Aber natürlich haben wir uns auch gestritten.

Weil nicht alles nach dem Kopf des Erstgeborenen ging?

Als Ältester sollte ich ja immer der Klügere sein – »der Klügere gibt nach« –, aber die Nachgiebigkeit ist nicht unbedingt meine Stärke.

Born to be wild – war das Ihr Ding?

Phasenweise vielleicht, zwischen 15 und 18 Jahren. Ich hörte Cat Stevens, Pink Floyd und ein paar andere Berühmtheiten aus dieser Zeit, auch die Beatles waren darunter. Ich hatte damals einen ziemlich langen Lockenschopf. Das missfiel meinem Vater; so gab es um den Friseurtermin und um die Haarlänge schon mal Zoff. Das hat sich nachher dann recht unspektakulär gelegt.

Wo standen Sie politisch?

Politisch hatte ich mich nie besonders exponiert. Meine Interessen gingen neben der Schule mehr in Richtung Sport, Fußball, Skifahren.

Womit Sie auch das Geld fürs Studium verdienten.

Nein, nicht als Skilehrer, als solcher war ich nur für die Skischule meines Heimatskiclubs tätig. Gejobbt, Geld verdient habe ich als Briefträger. Zunächst mit dem Fahrrad in einem kleinen Schwarzwalddorf, später mit dem Auto über Land.

Originalton Georg Gänswein: »Ich habe gesunde Sinne, und wer gesunde Sinne hat, der benutzt sie auch.« Hört sich nach reichlich Erfahrung mit Mädchen an.

Ich habe zwei Schwestern, mehrere Cousinen, die mir halfen, mit dem weiblichen Geschlecht keine Schwierigkeiten zu haben. Ich bin ganz normal aufgewachsen, völlig unverkrampft.

Sie hatten eine feste Beziehung?

Das nicht. Es gab kleinere schwärmerische Jugendfreundschaften.

Sie wollten zunächst Börsenmakler werden.

Ursprünglich sollte ich als Ältester das Landmaschinengeschäft meines Vaters übernehmen. Irgendwann aber interessierte mich das Getriebe der Börse viel mehr. Meine Vorstellung war, da wird viel Geld gemacht und da muss man fix und schnell sein. Später, etwas reifer, kam der Moment, in dem ich darüber intensiver nachdachte: Gut, wenn ich das alles kann und Geld habe, was kommt dann? Und was dann? Und was danach? Plötzlich drängten sich existenzielle Fragen in den Vordergrund. So fing ich an zu suchen und bin auf diese Weise ganz ungewollt auf die Philosophie und die Theologie gestoßen.

Langwieriger Prozess.

Und ein mühsamer. Zunächst zog mich die theologische Welt insgesamt mächtig an, das Priestertum kam dann erst in einem zweiten Schritt hinzu. Natürlich war auch das Zölibat eine Frage. Irgendwann spürte ich, du kannst nicht mit halbem Gas fahren, entweder du machst das ganz oder du lässt es. Ein bisschen Theologie, das geht nicht. So ging ich Schritt für Schritt auf das Priestertum zu.

Ein Zitat aus einer Ihrer Predigten anlässlich einer Priesterweihe: »Du darfst wissen, dass du eine Würde hast, die dich von allen unterscheidet, die nicht Priester sind… Du darfst das Bewusstsein haben, etwas Großes zu tun, tun zu dürfen.« Ziemlich steil formuliert.

Diese Sätze würde ich ohne Wenn und Aber wieder sagen.

Sie nehmen es ernst.

Ja, das tue ich.

Klingt auch ein bisschen romantisch.

Finde ich nicht. Es sind Worte, die durch das Leben eingelöst wurden, und da war das Leben nicht romantisch. Die von Ihnen zitierten Sätze aus der Predigt mögen vielleicht auf Papier etwas feierlich aussehen, aber dahinter steckt eine gehörige Portion persönlicher Erfahrung, und ich wollte dem Neupriester nicht verbergen, dass er etwas Großes vor sich hat, dass das auch etwas kostet und er es sich etwas kosten lassen muss.

1984 wurden Sie zum Priester geweiht, dann verbrachten Sie zwei Kaplansjahre im Schwarzwald. 1993 in München schrieben Sie Ihre Dissertation über »Kirchengliedschaft gemäß dem Zweiten Vatikanischen Konzil«. Hatten Sie Momente großen Zweifels?

Ich wurde nach zwei Jahren Kaplanszeit zum Weiterstudium nach München geschickt; in ein Fach, das mir nicht unbedingt in die Wiege gelegt worden ist: Kanonisches Recht. Nach einem halben Jahr hatte ich die Nase so gestrichen voll, dass ich mir sagte: Jetzt gehe ich zum Erzbischof und bitte ihn, mich in die Diözese zurückzuholen, weil ich es nicht aushalte.

So schlimm?

Ich hatte immer gern und leicht studiert, aber das Studium des Kanonischen Rechts empfand ich so trocken wie Arbeit in einem staubigen Steinbruch, wo es kein Bier gibt. Man stirbt vor Trockenheit. Rettung kam von meinem Doktorvater, dem Kirchenrechtler Professor Winfried Aymans, der mich später auch zu seinem Assistenten machte. Er hat mir sehr geholfen, aus dieser verflixten Zwickmühle herauszukommen, indem er mir neue Perspektiven aufzuzeigen vermochte. Das hat mir wirklich sehr geholfen, den Löffel nicht hinzuschmeißen. Ich bin ihm sehr dankbar.

Immer wieder tauchen diese Urteile auf: pflichtbewusst, fromm, konservativ; ein Mann der Form und der Strenge.

Im Sinn von »mild in der Form, streng im Inhalt« kann ich das gelten lassen. Wenn ich etwas für richtig halte, halte ich daran fest. Zugegeben, Geduld ist nicht meine Stärke. Manchmal fahre ich ziemlich nah auf, das kann irritieren.

Was muss der Privatsekretär des Oberhauptes einer Kirche mit 1,1 Milliarden Mitgliedern können?

In gewisser Hinsicht sollte er ein Generalist sein, zugleich aber auch einsehen, dass er nicht alles können kann; und er sollte sich das auch nicht abverlangen. Er muss das tun, was der Papst ihm aufträgt, und das mit ganzer Kraft, mit Herz und Verstand.

Gab es anfangs eine Einweisung, etwa eine Schule für päpstliche Etikette?

Überhaupt nicht. Das Einzige, was es gab, war ein Vieraugengespräch mit meinem Vorgänger, Monsignore Stanislaus Dziwisz, dem jetzigen Kardinal-Erzbischof von Krakau. Das war etwa zwei Wochen nach der Papstwahl und dem Einzug ins Appartamento. Dabei drückte er mir einen Umschlag in die Hand, in dem sich einige Papiere und ein Schlüssel für einen Tresor befanden. Ein uralter Tresor, deutsche Markenarbeit. Er sagte nur: »Du hast jetzt eine sehr wichtige, sehr schöne, aber sehr, sehr schwierige Aufgabe. Das Einzige, was ich dir sagen kann, ist, dass der Papst von nichts und niemand erdrückt werden darf. Wie das geht, musst du selbst herausfinden.« Punkt, Schluss. Mehr hat er nicht gesagt. Das war alles an Schule für päpstliche Etikette.

Und was war in dem Umschlag?

Das werde ich Ihnen nicht verraten. Es sind Dinge, die von Papstsekretär zu Papstsekretär weitergegeben werden.

Ihre Anfangsfehler?

Ich hatte bald gemerkt, dass das Tempo, das ich mir abverlangt hatte, zu hoch ist. In Poleposition starten ist das eine, über die Runden kommen und dann auch gut ans Ziel, das andere. Start mit Vollgas sozusagen! Nun galt es, das richtige Tempo herauszufinden. Ein weiterer heikler Punkt war der Umgang mit den unzähligen Bitten um Privataudienzen und anderen Begegnungen, die alle mit edlen Beweggründen versehen waren. Anfragen ohne Ende – »nur eine Minute«, »nur einmal eine Ausnahme«, »der Papst kennt mich schon seit Langem, er würde sich sehr freuen« – und fast immer mit Oberwürze geschrieben. Hier war das richtige Filtersystem gefragt. Ich musste einen stärkeren Filter einbauen.

Was enthalten Sie dem Papst vor?

Nichts von Bedeutung. Alle wichtigen amtlichen Schreiben und Dokumente, alles, was von Bischöfen und Kardinälen kommt, aus der Welt der Politik und der Diplomatie, das lege ich dem Heiligen Vater bei den täglichen Besprechungen vor. Darüber hinaus gibt’s natürlich eine Riesenmasse von Briefen, Bitten, Anfragen, Vorschlägen, die er nicht zu sehen bekommt, weil er dafür einfach nicht die Zeit hat. Da ist mir vom Papst ein Ermessensspielraum eingeräumt.

Versucht man Sie zu instrumentalisieren?

Kommt schon mal vor. Aber ich weiß mich zu wehren.

Hebt man in Ihrer Position dann schon mal ab?

Eher ist das Gegenteil der Fall, dass man nämlich erdrückt wird. Wenn es eine Gefahr gibt, dann heißt sie »Isolation«. Irgendwann meinten Freunde, ich würde mich zu rar machen und mich ihnen entziehen. Das war ein Alarmzeichen! Und ich habe sofort versucht, Zeit freizuschaufeln, um persönliche Beziehungen und bestehende Freundschaften wieder besser zu pflegen. Das ist wichtig für die Psychohygiene.

Was kann dieses Pontifikat bewirken?

Glaubensstärkung und Glaubensermutigung – und das Bewusstsein, dass der katholische Glaube etwas Großes ist, ein Geschenk Gottes, das aber nicht aufgezwungen wird, sondern freiwillig angenommen werden will. Dabei gibt es aktuelle Herausforderungen, denen sich die Kirche zu stellen hat.

Zum Beispiel?

Die Gottesfrage, die Auseinandersetzung mit den verschiedenen Formen des Relativismus, der Dialog mit dem Islam, die Stärkung der eigenen Identität. Die Tatsache, dass ein Kontinent wie Europa nicht leben kann, wenn man ihm die christlichen Wurzeln abschneidet, denn damit nimmt man ihm die Seele.

Die Ankündigung der »vollen und sichtbaren Einheit« mit den orthodoxen Kirchen war die erste Sensation der Regierung Ratzinger. Ist das nicht eine ziemlich illusorische Vorstellung?

Das ist doch keine Sensation, das ist ein erklärtes Ziel von jeher. Dass ein Papst, der gerade in diesem Bereich die letzten Jahre und Jahrzehnte theologisch stark mitgeprägt hat, diese Absicht ausdrücklich formuliert, ist geradezu selbstverständlich. Vergessen wir nicht, dass die orthodoxen Kirchen in der apostolischen Sukzession stehen und damit ein gültiges Amt und die Eucharistie haben, ebenso die sieben Sakramente. Klärungsbedürftig ist die Frage nach dem Primat und der Jurisdiktion des Papstes. Aber es ist ein Skandal, dass die Christenheit noch immer gespalten ist. Die Wiederherstellung der vollen Einheit im Glauben ist ganz gewiss ein großes Ziel des Theologen-Papstes.

Wird Papst Benedikt das Papsttum zugunsten der Einheit umbauen?

Die Frage ist falsch gestellt. Ökumene kann nicht auf Kosten der Wahrheit betrieben werden. Ein Papst kann das Papsttum nicht einfach umbauen, um bestimmte Ziele schneller zu erreichen. Es geht darum, dass das Papsttum hilft, dem Anspruch der Wahrheit im Hinblick auf die Einheit gerecht zu bleiben.

Eine Wende in den Beziehungen der katholischen Kirche zu Moskau, Konstantinopel und insbesondere zu Peking würde die religionspolitische Weltkarte dramatisch verändern.

Der ökumenische Dialog mit den verschiedenen orthodoxen Kirchen ist in vollem Gange und es sind auch schon beträchtliche Fortschritte erzielt worden. Aber Ökumene treiben ist und bleibt ein mühsames Ringen. Das hängt auch mit vorhandenen Spannungen innerhalb der orthodoxen Kirchen zusammen. Konstantinopel und Moskau markieren zwei heikle Punkte. Alle Welt konnte via Medien dabei sein, als der Papst im vergangenen November in Istanbul den Ökumenischen Patriarchen getroffen hat. Ein Treffen mit dem orthodoxen Patriarchen von Moskau steht noch aus.

Sie sehen den Papst schon beim russischen Patriarchen in Moskau?

Ich hoffe, dass es zu einer Begegnung wo auch immer kommt.

Im Westen befindet sich die römische Kirche in einem gewaltigen Umbruch. Der Wiener Kardinal Christoph Schönborn spricht als Alternative zur bisherigen Volkskirche bereits von einer »Entscheidungskirche«, einer Kirche, zu der sich die Gläubigen auch wirklich bekennen. Neigt sich die Zeit des Pseudo-Christentums dem Ende zu?

Pseudo-Christentum klingt ungerecht und abwertend und wird auch der Realität nicht gerecht. Wahrzunehmen ist, dass volkskirchliche Elemente abschmelzen und sich immer mehr »Kerngemeinden« herausbilden; dieser Prozess ist seit Jahren im Gange. Kardinal Schönborn bringt das auf den Begriff der »Entscheidungskirche«. Wer heute Christ ist, der will es sein, der entscheidet sich dafür, ist entschieden, entschiedener vielleicht als in früheren Jahren. Und wer es nicht sein will, der ist es ganz einfach nicht, ohne dass ihm daraus irgendwelche persönlichen, sozialen, politischen oder was auch immer für Nachteile erwachsen würden.

Auffallend viele Priester der neuen Generation entdecken die spirituellen, kulturellen und ästhetischen Schätze der überlieferten Liturgie. Mit dem neuen Motu proprio »Summorum Pontificum«, einem apostolischen Schreiben des Papstes, wird festgehalten, dass jeder Priester die heilige Messe auch im früheren, dem tridentinischen Ritus feiern darf. Steht damit neuer Streit ins Haus?

Das Gegenteil ist Absicht und Ziel. Streit soll geschlichtet, vorhandene Entzweiungen und Spaltungen überwunden werden. Mit dem Motu proprio wird nicht wenigen Gläubigen eine geistlich-spirituelle Heimat eröffnet. Ich bin überzeugt, dass der Brief des Heiligen Vaters an die Bischöfe, der zugleich mit dem Motu proprio veröffentlicht wurde und in dem der Papst die Motive des Dokuments ausführlich erläutert, den Schlüssel zum richtigen Verständnis bietet.

Der französische Philosoph René Girard, Mitglied der Académie française, sagt eine entschiedene christliche Renaissance voraus. Wir befänden uns bereits »am Vorabend einer Revolution unserer Kultur«. Dieser Umbruch werde sogar die Renaissance des 15. Jahrhunderts verblassen lassen.

Das Religiöse genießt gegenwärtig eine Aufmerksamkeit wie kaum in den Jahren zuvor. Nach einer Phase des Indifferentismus setzt man sich heute wieder mit Religion, mit Glaubensfragen auseinander. Ich sehe, dass gerade viele junge Menschen, die eigentlich alles haben oder haben könnten, merken: Man kann eigentlich alles, man kann sogar die Welt zerstören – aber man kann die Seele nicht gewinnen, wenn das Wesentliche fehlt. Die katholische Kirche hat Schätze zu bieten, die sonst niemand zu bieten hat; Größeres und Dauerhafteres als alle politischen Heilsangebote. Allerdings geht das nicht automatisch. Der Glaube kommt vom Hören, wie der heilige Paulus sagt, er muss verkündet werden.

Bereits sechs Wochen nach Erscheinen hatte das Jesus-Buch des Papstes eine Auflage von 1,5 Millionen Exemplaren erreicht. Man hat das Gefühl, der Papst zieht sich diesen Jesus förmlich neu an.

Das Jesus-Buch ist die Quintessenz eines Mannes, der sich als Priester, Theologe, Bischof, Kardinal und nun als Papst sein ganzes Leben mit der Gestalt Jesu von Nazareth beschäftigt hat. Es ist ein großes geistliches Vermächtnis.

Was schätzen Sie besonders an dem Werk?

Ich bin gerade dabei, es ein weiteres Mal zu lesen. Es ist ebenso tief wie verständlich geschrieben. Es ist die Lebenssumme einer bedeutenden Persönlichkeit. Das Werk reiht sich ein in die Tradition der großen Kirchenväter. Ich bin davon überzeugt, dass dieses Buch viele Menschen im Glauben stärkt und zum Glauben führt, und zwar nicht nur eine bestimmte intellektuelle Schicht, sondern Menschen aller Herkunft und Bildung.

Der Theologe Joseph Ratzinger liefert eine zwingende Logik: Dieser Jesus ist jener, der alle Vollmachten hat, der Herr über das Weltall, Gott selbst, der Mensch geworden ist. Jesus von Nazareth müsste eigentlich eine Revolution auslösen.

Ja, aber ohne Blutvergießen.


Dr. Georg Gänswein, ein Mensch von geschliffenem Intellekt, geboren am 30. Juli 1956 in Riedern im Schwarzwald, ältestes von fünf Kindern eines Schmieds. Jobs als Skilehrer und Postbote; Student der Theologie, Priester, Kaplan, Promotion in München, Domvikar in Freiburg. 1995 Berufung in die Kongregation nach Rom, ein Jahr später Wechsel in die Glaubenskon-gregation unter der Leitung von Joseph Ratzinger. 2005, nach dessen Wahl zum Papst, wurde Gänswein sein Privatsekretär. Ihm obliegt die Aufgabe, das Arbeitsleben des Papstes so zu organisieren, dass dieser in Brieffluten, Terminen, Audienzen nicht untergeht.

Von: PETER SEEWALD (INTERVIEW); JOACHIM BALDAUF (FOTOS)

© Copyright Sueddeutsche Zeitung

giovedì 26 luglio 2007

Arturo Mari (il fotografo dei Papi): quella volta in cui Benedetto XVI si tolse l'anello e suono' per me...


«Io, a mezzo metro dai miei Papi ho fotografo la loro anima»

Maria Pia Forte

Arturo Mari da cinquantun anni reporter ufficiale del Vaticano «Da Pio XII a Benedetto XVI, volevo dar voce a questi uomini di fede»
«Eravamo in montagna e il Papa era in vacanza, ma un pomeriggio gli ho detto
: “Santità, i papi non vanno mai in ferie, e qui c'è Arturo che fa il despota e vorrebbe scattarle qualche fotografia da dare alla gente”. Così l'ho ripreso mentre faceva le cose di tutti i giorni, passeggiava, lavorava alla sua scrivania, recitava il rosario. Poi ho buttato là: “Naturalmente ogni tanto lei suona il piano...”. Lui ha sorriso, si è tolto l'anello e si è messo a suonare per me».
Così Arturo Mari mi racconta come sono nate le foto che ritraggono papa Benedetto XVI seduto al pianoforte e che hanno fatto il giro del mondo, al pari di migliaia di altre da lui scattate. Foto come quella di papa Giovanni Paolo II che abbraccia un piccolo campesino messicano slanciatoglisi incontro superando ogni sbarramento – «Riuscii a fissare quei due volti vicini, quelle due paia di occhi sorridenti», dice con orgoglio – o quella di Paolo VI sulle rive del Lago Tiberiade in Terrasanta, o di Giovanni XXIII nel carcere romano di Regina Coeli...
Sono cinquantun anni che Arturo Mari è al servizio del Papa col suo obiettivo, anzi dei sei Papi succedutisi dal 1956 ad oggi. Classe 1939, questo signore dal volto massiccio è ufficialmente già in pensione, ma in realtà ha continuato finora a venire ogni giorno negli uffici del servizio fotografico dell'Osservatore Romano dove ci riceve. Nessuno qui vuole che se ne vada, ed egli stesso non si risolve a dare un taglio netto a un'attività che gli ha riempito tutta la vita: mezzo secolo senza mai un giorno di ferie né di malattia. «Adesso, però, lascio veramente – assicura – anche per parlare un po' di più con mia moglie, che ho sempre sacrificato...».
Mari è un uomo sorridente e alla mano, di poche e concrete parole, un genuino «romano de Roma», anzi un «borghiciano», ossia di Borgo, di quel poco che rimane del medievale quartiere capitolino raggomitolato a ridosso del Vaticano e sventrato per far posto a via della Conciliazione: lì è nato, all'ombra del Passetto, e lì abita tuttora. «Ho percorso mezzo mondo al seguito dei papi – racconta – ma in realtà non mi sono mai mosso da Borgo». Chissà se è stata l'assidua frequentazione dei pontefici ad avergli regalato questo sguardo dolce e pensoso, un po' malinconico, come proiettato oltre le forme visibili, e queste sue maniere pacate, quasi affettuose verso l'interlocutore. «La vita mi ha dato tutto – riconosce –: una bella famiglia e un lavoro appassionante a contatto con persone eccezionali». Una vita che, di Papa in Papa, ha subito una profonda evoluzione, di pari passo con quella della Chiesa.

Com'è possibile ricoprire per cinquantun anni un delicato incarico come il suo? Vuol dire cominciare da ragazzo...

«Sono stato una sorta di enfant prodige. Mio padre era un fotografo amatoriale e per evitare che io passassi il tempo in strada, mi piazzava nel laboratorio fotografico di una scuola a piazza Risorgimento. A 6 anni sapevo già tutto della fotografia. Mio padre, come già mio nonno, lavorava al Vaticano, e quando avevo 16 anni il direttore dell'Osservatore Romano, il conte Giuseppe Dalla Torre, fu colpito da alcune mie fotografie e volle conoscermi. Venni qui alle undici di mattina del 9 marzo 1956 e non ne sono più uscito. Fui assunto come fotocronista e assegnato a seguire il Papa».

Che allora era Pio XII. Che ricordi ne ha?

«Lo rivedo, quell'uomo alto e ieratico, un giorno in cui, entrando nella Basilica di San Pietro, spalancò le braccia, come nella fotografia che lo riprende nel quartiere San Lorenzo bombardato dagli Alleati: un gesto ampio, protettivo... Era un Papa che veniva dalla guerra. Altri tempi. Non usciva quasi mai dal Vaticano, e quando nel '57 andò a inaugurare il nuovo centro della Radio Vaticana a Santa Maria di Galeria, alle porte di Roma, sembrò che andasse dall'altra parte del mondo».

Dall'altra parte del pianeta lei ci sarebbe andato veramente con Paolo VI...

«Già. Con lui nel 1970 volammo fino in Asia Orientale e in Australia. E nel '64 eravamo stati a Gerusalemme, primo viaggio in aereo di un Papa. Atterrammo ad Amman, in Giordania. Che emozione. Era un uomo timido e schivo, e la gente l'ha capito poco, invece ha fatto tanto».

E, dato che stiamo passando in rassegna i suoi sei Papi, come ricorda il suo predecessore Giovanni XXIII?

«Era un Papa diverso dagli altri, capace di darti una pacca affettuosa sulla spalla. Ma dietro la sua bonarietà di modi era severo, intransigente sulle questioni di fondo. Con lui si cominciò a uscire di più dal Vaticano: inaugurò le visite alle parrocchie, andò all'Ospedale del Bambin Gesù, a Regina Coeli, si spinse fino ad Assisi e Loreto».

Dopo Paolo VI venne il brevissimo pontificato di Giovanni Paolo I.

«Sì. Gli feci alcune fotografie nei Giardini Vaticani, e una di esse, che lo ritrae di spalle mentre s'incammina in un viale, sembra quasi un malinconico presagio della sua fine imminente».

Qual è il pontefice che ha lasciato una più marcata impronta in lei?

«Senza dubbio. Giovanni Paolo II. Ho passato ventisette anni della mia vita e carriera proprio accanto a lui, in giro per il mondo. E quando per ventisette anni stai sempre a mezzo metro da una persona, diventi per forza partecipe della sua anima. Quello che ho vissuto al suo fianco non lo dimenticherò mai. Mi ricordo quella volta in cui, nel reparto oncologico del Bambin Gesù, una signora gli porse un bambino di pochi mesi, urlandogli disperata: “Salvalo, salvalo”. Il Papa lo prese fra le sue braccia, lo strinse, poi lo restituì alla madre, e questa sorrise. Sono scene che ti s'incidono dentro. E poi gli incontri con i lebbrosi, con gli abitanti delle baraccopoli, il contatto con tanta gente. Anche gli ultimi momenti di Papa Wojtyla li ho sempre negli occhi. Sei ore prima che morisse, il suo segretario mi chiamò. Fu un trauma rivederlo steso in quel letto, pieno di tubi. Aveva la testa girata, ma quando don Stanislaw gli disse “Arturo è qui”, si voltò verso di me e sorridendo mi sussurrò: “Arturo, grazie”. Nel suo sguardo c'era qualcosa di speciale, come se già vedesse qualcos'altro. Si stava preparando per un altro incontro».

Cosa ci può raccontare di Benedetto XVI? Com'è?

«Pieno di delicatezza e sensibilità. Appena eletto, quando mi ha visto mi ha fatto una carezza su una mano, come per rassicurarmi. È un lavoratore accanito: malgrado i suoi ottant'anni, non si riposa mai, a parte qualche passeggiata in giardino o il tempo di recitare il rosario. Il suo tavolo è sempre sommerso dalle carte. Nessuno sa quanto lavorino i pontefici: altro che vita da Papa! Tutti i problemi vanno a finire sulla loro scrivania. Stando vicino ai papi, ci si rende conto che sono uomini come tutti: uomini di fede. E soffro, quando vengono attaccati».

È per questo che le sue foto «parlano» alla gente, sanno cogliere sempre uno sguardo, un gesto, un momento particolare, per cui sembra di essere stati anche noi vicini al Papa?

«Per ottenere questo risultato, bisogna instaurare un'intesa con la persona fotografata, bisogna lavorare col cuore. Se non avessi lavorato così, a forza di riprendere cerimonie che si ripetono sempre uguali, avrei fatto solo una “zuppa”».

Il suo unico figlio, che si chiama Rugel Juan Carlos perché sua moglie è spagnola, è stato ordinato sacerdote nello scorso aprile da papa Ratzinger. È contento di questa sua scelta?

«Ne sono orgoglioso».

© Copyright L'Eco di Bergamo, 26 luglio 2007

Com'e' diversa questa intervista da quella fatta da Marco Tosatti ad Arturo Mari, qualche settimana fa.
Li' il nome di Benedetto XVI era volutamente omesso, qui c'e' tutta la carica umana del nostro Pontefice.
Che brutta cosa l'ideologia
...
Raffaella