giovedì 15 ottobre 2009

Tromba d'aria a Roma: rovesciate le sedie in Piazza San Pietro


Maltempo: morti e feriti. Tromba d'aria a Roma

13/10/2009 - Un'ondata di maltempo si è abbattuta ieri su tutta l'Italia, con un drastico abbassamento delle temperature e venti fortissimi che hanno flagellato pressoché tutte le regioni, provocando quattro morti. Forti disagi anche nella tendopoli dell'Aquila e nei collegamenti marittimi, con l'affondamento di un peschereccio a Giulianova, in provincia di Teramo.
Tromba d'aria a Roma.

Nella foto le sedie rovesciate dal gran vento in Piazza S. Pietro a Roma.

(Foto: Ansa)

venerdì 24 luglio 2009

Il Laboratorio di restauro arazzi in Vaticano: Quando trama e ordito creano un'opera d'arte (Gori)


Il Laboratorio di restauro arazzi in Vaticano

Quando trama e ordito creano un'opera d'arte

di Nicola Gori

Trama e ordito: due elementi ormai entrati anche nella letteratura con significati simbolici diversi. Riportandoli alla loro origine, richiamano l'abilità e la maestria degli artigiani che danno vita ai tessuti. Se vi aggiungiamo lo stile e la creatività degli artisti e le imponenti dimensioni, otteniamo gli arazzi. Al loro restauro, nel solco di una tradizione che risale al 1710 - quando Clemente XI fondò l'arazzeria romana di San Michele - provvede un particolare Laboratorio istituito presso i Musei Vaticani.
Il nome "arazzo" deriva dalla città francese di Arras, famosa nel Medioevo per la loro produzione. Si tratta di un particolare tessuto destinato a ornare le pareti e utilizzato per l'arredamento. Vista la loro destinazione, questi capolavori d'arte hanno avuto nel corso dei secoli i soggetti più diversi. Dalle scene di vita quotidiana, ai riferimenti della mitologia classica, agli episodi biblici, sia dell'Antico sia del Nuovo Testamento. Ma gli agenti atmosferici e l'usura danneggiano senza tregua queste enormi stoffe di lusso, che richiedono anni per essere portate a termine e necessitano di interventi successivi per mantenere intatta la bellezza.
Ridonare vita e splendore a quei tessuti ormai consunti ma carichi di storia e di significati è appunto lo scopo del Laboratorio di restauro arazzi e tessuti dei Musei Vaticani. La responsabile del settore arazzi e tessuti dei Musei Vaticani Anna Maria De Strobel ci ha accompagnato alla scoperta di questa struttura, che si pone all'avanguardia nel mondo per la sua funzione di recupero e di salvaguardia di questa tipologia di tessuti.
La loro caratteristica principale è data dal fatto che l'ordito, base della tessitura, rimane completamente coperto dai fili di trama, composta da filati di lana, di seta e metallici. La tessitura è effettuata seguendo un "cartone", che è la trasposizione in scala reale del progetto dell'artista realizzato originariamente su un bozzetto di piccole dimensioni. Si era soliti utilizzare più volte gli stessi "cartoni": per esempio i celebri arazzi degli Atti degli Apostoli di Raffaello presenti nei Musei Vaticani sono i primi esemplari di una serie ripetuta più volte nel corso dei secoli XVI e XVII.
Per comprendere come si è arrivati all'apertura del Laboratorio di restauro dobbiamo fare un passo indietro e tornare al XVIII secolo, quando Clemente XI affidò all'arazzeria romana di San Michele - per venire incontro alle esigenze della corte pontificia senza dover ricorrere agli artigiani del nord Europa - non solo il compito di produrre arazzi, ma anche di provvedere alla conservazione della notevole collezione vaticana. Un suo successore, Benedetto XIII, istituì uno specifico incarico tra gli ufficiali minori palatini, attribuendo al direttore della tappezzeria anche la custodia di tutti gli arazzi esposti all'interno dei sacri palazzi. Con il 1870 l'arazzeria fu costretta a passare sotto il controllo del governo italiano. A causa di ciò, nel 1871 Pietro Gentili, figlio di Eraclito, direttore della manifattura, venne licenziato. Motivo principale della estromissione fu essenzialmente la sua simpatia per il Pontefice. Per interessamento di Pio IX, il Gentili venne chiamato in Vaticano per installarvi una nuova tappezzeria. Così l'arte e la maestria che il direttore aveva appreso per esperienza e per capacità personali vennero trasferite nella nuova manifattura. Furono costruiti telai simili a quelli esistenti nell'opificio di San Michele e iniziò così la produzione di arazzi. Leone XIII nel 1887 si spinse più in là e con un Motu Proprio, promosse l'apertura di una scuola di arazzi con lo scopo di conservare in Roma l'antica tradizione. Si dovette però attendere il 1915 per vedere la fattiva apertura dell'istituto, quando Benedetto XV incaricò l'anziano Gentili di occuparsene. Fu infine nel 1916 che nel fabbricato della Zecca venne finalmente resa operante la scuola, sotto la direzione tecnica del Gentili e la direzione artistica di Luigi Cavenaghi, direttore delle pitture dei Musei Vaticani. In questo modo, iniziò quella dipendenza della scuola-fabbrica dai Musei Vaticani che continua anche ai nostri giorni. A questa sede venne affiancato un laboratorio di restauro affidato nel 1926 alle suore francescane missionarie di Maria. Il laboratorio trovò ospitalità presso la casa generalizia delle religiose, in via Giusti. Due destini diversi ebbero la scuola-fabbrica, chiusa nel 1927, e il laboratorio, che invece continuò la sua attività dal 1930 all'interno delle mura vaticane, con sede in via del Pellegrino. Si trattò di una scelta che impresse un nuovo indirizzo: fine principale della struttura non fu più la realizzazione degli arazzi, ma la conservazione e il restauro di quelli esistenti nei palazzi pontifici.
Nel 1963 la scuola-fabbrica venne riaperta per formare sia persone in grado di restaurare, sia capaci di tessere. Ma eccoci giunti all'attualità: la scuola si è trasformata in un vero e proprio laboratorio di restauro che ha affiancato, agli interventi sugli arazzi, anche la possibilità di operare sulle stoffe. Da qui l'aggiunta di "tessuti" alla dicitura del laboratorio originario. La struttura consta attualmente di due sedi: una all'interno dei Musei Vaticani dove vengono ospitati l'archivio, il deposito, la vasca dei lavaggi, la tintoria e una zona riservata al restauro dei tessuti, e l'altra in via del Pellegrino dove, data l'ampiezza dei locali, vengono restaurati gli arazzi di grandi dimensioni. Vi si trovano anche una tintoria e il deposito dei filati. Riguardo alle tecniche adottate per i restauri, partendo dalla ricca tradizione, esse sono state aggiornate nel corso degli anni. Agli inizi, gli interventi sugli arazzi prevedevano dei "rammendi", cioè ricostruzioni a telaio delle parti mancanti o perfino inserimento di antiche porzioni per tappare le parti danneggiate. Pietro Gentili rivoluzionò il metodo di restauro e ideò un approccio meno invasivo, chiamato "a rete". Si tratta di creare un reticolo con dei fili di lana o di cotone monocromi per sostenere le parti scoperte dove manca la trama. Questo metodo risultò innovativo ma poco solido, vista la mancanza di un supporto su cui agganciarvi i punti di fermatura.
Con lo sviluppo delle tecniche, negli anni Trenta, il metodo "a rete" venne a poco a poco sostituito con l'intervento "integrativo" o "ricostruttivo". Alla base di questa tecnica è la chiusura delle parti scoperte dell'arazzo con nuovi orditi, reinseriti nel tessuto originale per poi ritessere di nuovo la trama nelle zone mancanti. Il vantaggio di questa tecnica è principalmente la ricostruzione della parte danneggiata, che conferisce all'arazzo un aspetto simile all'originale. Esistono però alcuni rischi nel suo utilizzo, primo fra tutti una ricostruzione delle parti mancanti non conforme alle tinte e al disegno primitivo. Altri rischi possibili sono l'indebolimento o il danneggiamento delle parti originali vicine all'intervento, qualora si voglia asportare il restauro. Questo metodo rende anche problematica la lettura delle parti antiche, difficili da distinguere dal restauro. Vista l'evoluzione delle tecniche e dopo attenti studi, il laboratorio ha scelto di adottare criteri di restauro che privilegiano la conservazione del manufatto, attenendosi a tre principi fondamentali: la non invasività, la riconoscibilità e la reversibilità.
Questo metodo è stato impiegato per la prima volta durante la preparazione degli arazzi per la mostra "Raffaello in Vaticano" del 1984. Si è passati procedendo a tappe dal restauro "integrativo" all'impiego esclusivo di quello "conservativo". Come ci spiega la De Strobel, l'intervento consiste nella fermatura a "cucito alternato" degli orditi originali scoperti su un supporto. Sia il supporto, sia il filo vengono tinti in modo da riprodurre e di avvicinarsi il più possibile al colore originario. Questa metodologia è assimilabile a quella utilizzata nel restauro dei dipinti, chiamata "rigatino" o "astrazione cromatica". Considerando che, talvolta, le lacune sull'arazzo non sono ovviabili con l'inserimento del supporto, viene impiegato un particolare metodo. Si tratta di fissare nella parte mancante al sostegno, applicata dal retro, una nuova orditura della stessa natura dell'originale, che viene poi tagliata alle estremità in modo da far coincidere i suoi lembi con quelli dell'originale senza inserirli l'uno sull'altro. Questo restauro ha il vantaggio di essere completamente reversibile perché agganciato solo sul supporto.
Il restauro in quanto tale è sempre preceduto da una serie di operazioni, tra le quali un accurato esame e un servizio fotografico sul tessuto in oggetto. Vengono predisposti dei grafici in scala informatizzati ed elaborati al computer, che classificano i materiali, descrivono le condizioni prima del restauro e controllano le varie fasi dell'intervento. Sull'arazzo viene poi eseguita una documentazione fotografica ad infrarosso e con fluorescenza indotta da ultravioletti, per una migliore valutazione dello stato di conservazione. In questo modo è possibile riconoscere le zone che hanno già subito anni prima dei restauri e delle integrazioni. L'esame preliminare è utile anche per individuare le differenze cromatiche dei colori, grazie alla differente risposta delle sostanze coloranti alla fluorescenza. In questo modo, si riconosce l'uso nella tintura dei filati originali di coloranti diversi. Altro elemento fornito dalle indagini previe sul recto e sul verso, è il riconoscimento del processo di fotodegradazione dei coloranti. Questo compito è affidato al Gabinetto ricerche scientifiche dei Musei Vaticani. Vengono poi prelevati dal verso dei filati che il Gabinetto ricerche scientifiche analizza per il riconoscimento merceologico delle fibre, per stabilire il loro stato di conservazione e per valutare il grado d'inquinamento. Questa operazione è fondamentale per procedere alla successiva fase di lavaggio, in quanto permette di valutare il numero delle particelle solide presenti nelle differenti tipologie di filati e per accertarsi del degrado delle fibre. Dopo la documentazione fotografica sull'arazzo, viene eseguita la disinfestazione, chiudendo i tessuti in una "busta di trattamento" dove viene inserito azoto. Il trattamento dura all'incirca dai venti ai quaranta giorni. Si passa poi al lavaggio in una vasca dotata di una griglia mobile tramite motore elettrico, per permettere all'opera di essere mossa nelle fasi di risciacquo e asciugatura. Dopo le fasi di indagine e di lavaggio, gli arazzi vengono nuovamente esaminati per decidere il tipo di intervento ottimale da effettuare.

(©L'Osservatore Romano - 24 luglio 2009)

giovedì 23 luglio 2009

Il mobiliere del Palazzo Apostolico (Nicola Gori)


Intervista a Paolo Sagretti, responsabile della Floreria della Città del Vaticano

Il mobiliere del Palazzo Apostolico

di Nicola Gori

Floriere: un termine antico che affonda le radici nella storia del Palazzo Apostolico. Un nome la cui etimologia non esprime più ai nostri tempi il suo significato. Un incarico di fiducia dalle molteplici funzioni e responsabilità, prima fra tutte quella di coordinare la preparazione logistica delle udienze e delle cerimonie pontificie. Altro compito affidato alla Floreria è di occuparsi dell'arredamento dei vari immobili vaticani, a cominciare dall'appartamento del Pontefice. In questa intervista al nostro giornale, l'ingegnere Paolo Sagretti, floriere e vice direttore della direzione dei servizi generali del Governatorato, ci introduce in una realtà sconosciuta ai più.

Quali sono le origini della Floreria?

Esattamente non sappiamo da dove venga il nome Floreria. Anticamente, vi era il floriere maggiore, come vi era anche il foriere maggiore che sono due cose diverse. Il floriere aveva la sua divisa particolare e faceva parte della corte papale. Occupava una posizione determinata nella processione quando era presente il Pontefice. Non sappiamo nemmeno a che epoca risalga la fondazione della Floreria. Un tempo si chiamava Floreria apostolica perché dipendeva direttamente dal Palazzo Apostolico. La nostra attività si svolgeva alla diretta dipendenza del Papa, della Segreteria di Stato e dalla Prefettura della Casa Pontificia. Poi negli anni Sessanta e Settanta l'attività fu trasferita alla dipendenza del Governatorato con la dicitura "Servizio della Floreria". Qualche anno fa siamo tornati all'antico nome di Floreria, senza più l'aggettivo Apostolica. Io sono entrato in Floreria nel 1988; sono divenuto assistente nel 1991 e dal 2002 sono il Floriere. Nel 2007 ho avuto l'onore di essere anche nominato vice direttore della direzione dei servizi generali, che riuniscono la Floreria, l'ufficio merci e l'autoparco.

Di cosa si occupa esattamente?

La Floreria si occupa di tantissime cose. Compito principale è la preparazione logistica delle udienze e delle cerimonie nella basilica Vaticana, in piazza San Pietro, all'interno delle basiliche papali romane, nell'Aula Paolo VI e di tutte le udienze che si svolgono nel Palazzo Apostolico. Secondariamente si occupa dell'arredamento, con i mobili che abbiamo in dotazione, degli appartamenti vaticani, da quello del Papa, a quelli dei cardinali, dei vescovi e dei prelati di Curia. Degli arredi di questi appartamenti curiamo anche la manutenzione ordinaria. Del resto arredare vuol dire anche restaurare. E noi abbiamo tre laboratori per i lavori di restauro: uno di tappezzeria e cucitura, dove vengono preparati e riparati salotti, sedie, poltrone, cuciti parati e approntati i grandi palchi per le cerimonie. Un laboratorio di ebanisteria e restauro per i mobili e un laboratorio di doratura. C'è poi il reparto degli allestitori, il personale addetto cioè alla movimentazione di tutti gli oggetti. È un lavoro essenzialmente di facchinaggio, quindi molto duro, perché si deve spostare mobilia varia, anche molto pesante, e tutta l'attrezzatura per la preparazione delle cerimonie. In alcune occasioni, si spostano anche 30.000 sedie per volta. Gli allestitori fanno anche parte del servizio cerimoniale-liturgico del Papa. In tutto la Floreria conta 38 dipendenti. Nei laboratori ci sono 6 tappezzieri, 6 falegnami, 3 doratori e 3 cucitrici di cui 2 religiose.

Dove si trovano i locali della Floreria?

Ce ne è più di uno all'interno del Vaticano. I laboratori si trovano nella zona della Zecca, in piazza del Forno. Nella salita del Grottone c'è il laboratorio di doratura e poi abbiamo i più svariati magazzini sparsi all'interno del Vaticano. Uno per esempio è al Triangolo, nel cortile di San Damaso, uno nel cortile del Pappagallo. Questo perché abbiamo tanti oggetti da sistemare e anche cose di valore da custodire. Siamo pochi e quindi con poco tempo a disposizione per la sistemazione dei magazzini, che meriterebbero ben altra cura. D'altra parte la mole di lavoro è grande e continua.

Che arredamento c'è nell'appartamento pontificio?

Ovviamente dopo 25 anni è stato necessario compiere una profonda opera di ristrutturazione e di ammodernamento sia dell'appartamento nobile che di quello privato. Durante il pontificato di Paolo VI agli appartamenti era stato dato un aspetto piuttosto conventuale, con toni dal grigio al grigio verde. Anche le cornici dorate dei quadri erano state rivestite lateralmente di velluto grigio. Giovanni Paolo II non aveva voluto operare cambiamenti sostanziali e aveva lasciato l'impronta del precedente Pontefice. Solo verso la fine del suo pontificato si era iniziato a risistemare le stanze, con un arredo più ricercato. Oggi i lavori sono terminati e tutti gli appartamenti, compreso quello di rappresentanza della Segreteria di Stato, hanno avuto il giusto e auspicato "lifting".
Anche altre stanze del Palazzo Apostolico hanno avuto interventi migliorativi negli ultimi tempi. Stiamo parlando sempre di sale di rappresentanza dove vengono ricevute alte cariche e rappresentanti diplomatici. Oltre a ciò, abbiamo anche rinnovato gli interni delle Ville Pontificie di Castel Gandolfo e di parecchi immobili extraterritoriali fra San Calisto, a Trastevere, e via della Conciliazione.

Dovete rispondere a richieste di mobili particolari?

Il clero proviene da ogni parte del mondo, di conseguenza anche i gusti sono vari. Molto dipende dalle origini della famiglia, dalla cultura, dalla personalità. Quando un prelato arriva in Vaticano richiede, spesso, il nostro intervento per arredare l'immobile destinatogli. Alcuni rimangono solo cinque anni e poi ripartono, quindi non hanno molte esigenze, non cercano mobili in stile, preferiscono un arredamento pratico e funzionale. C'è invece chi desidera mobili di rappresentanza e allora si cerca di venire incontro alle varie esigenze. L'arredo viene fornito gratuitamente in comodato d'uso. Tutte le forme di restauro della parte lignea o di ritappezzatura richieste sono a pagamento. Nei magazzini poi c'è l'opportunità di trovare un arredo completo per un appartamento, compresi quadri, suppellettili, lampadari. Il progresso, grazie all'introduzione dell'informatica che negli ultimissimi anni ha sviluppato molto la fotografia digitale e la grandissima capacità di memoria dei moderni sistemi hardware ci ha fornito la grande possibilità di presentare delle mostre di arredi su carta o meglio su video. Tutto questo ha alleggerito molto il lavoro del reparto allestitori. La maggior parte dell'arredo disponibile è del xx secolo, i mobili in genere non hanno meno di 60-70 anni. Tra gli oggetti custoditi vi sono indubbiamente anche mobili di valore e di antiquariato.

Parlando di oggetti di valore, è in vostra custodia il trono usato dal Papa nelle celebrazioni in San Pietro?

Benedetto XVI utilizza numerosi troni o meglio cattedre per le varie udienze nel Palazzo Apostolico o per le varie cerimonie. Ce ne sono di molto antichi, ovviamente molti di questi li teniamo noi in gestione, specialmente quelli utilizzati per le cerimonie, altri occupano delle postazioni fisse nelle varie sale di Palazzo che tra l'altro prendono nome proprio dalla cattedra: sala del Trono, sala del Tronetto. Tra i più antichi, usati ultimamente, ci sono: quelli appartenuti a Pio ix, e a Leone xiii e altri altrettanto antichi ai quali i Pontefici succedutisi solevano solamente far cambiare gli stemmi.

In cosa consiste la vostra attività durante il conclave?

Fino al conclave in cui venne eletto Giovanni Paolo II, alla Floreria spettava tutta la sistemazione, la preparazione e la difficile logistica degli alloggi di "fortuna" per i cardinali. Poi Giovanni Paolo II, il quale aveva partecipato a due conclavi molto ravvicinati e quindi aveva potuto valutare con dovizia di particolari le difficoltà che incontravano anche i cardinali in quei giorni, fece costruire la residenza di Santa Marta per ospitare più degnamente gli stessi durante i futuri conclavi. I vecchi dipendenti della Floreria che hanno dovuto preparare quei due conclavi del 1978 nel giro di due mesi hanno tuttora ricordi da "girone dantesco". Attualmente, a noi spetta parte della preparazione e l'arredo completo della Cappella Sistina, dell'Aula della Benedizione e della Cappella Paolina, che nell'ultimo conclave era in restauro. Da non dimenticare che contestualmente alla preparazione di un conclave, la Floreria è seriamente impegnata per tutto ciò che riguarda l'avvenuta morte del Pontefice, dalla preparazione ed esposizione del corpo prima nella sala Clementina e poi nella basilica di San Pietro, ai novendiali, al grande funerale nella piazza, sino alla tumulazione nelle Grotte vaticane, è un aspetto logistico che ci impegna al massimo.

Come acquisite nuovi mobili?

Molte volte ci arrivano per eredità, alcuni li acquistiamo, ma pochi e non di antiquariato per evitare spese eccessive. Oltretutto, abbiamo problemi di magazzino, perché non abbiamo molto spazio a disposizione. D'altra parte un mobile ben restaurato che rientra da una casa dove è stato trattato con le dovute cure, potrebbe essere riconsegnato nello stesso stato a un eventuale nuovo inquilino, se invece viene accatasto malamente, per esigenze di spazio, si deteriora e, quando occorre, si è costretti a restaurarlo di nuovo.

(©L'Osservatore Romano - 23 luglio 2009)