venerdì 15 giugno 2007

Chi fa le scarpe al Vaticano?


Stefanelli, l’uomo che fa le scarpe al Vaticano

di Francesco Cramer

Troppo facile dire che con queste ai piedi il cardinale Tarcisio Bertone giocherebbe da Dio. Eppure c’è chi, avendolo preso in parola, gli ha confezionato un bel paio di scarpe da calcio su misura. D’altronde Bertone è uomo da duplice fede: bianconero sfegatato, ama il pallone come il prossimo suo. Tanto che, lo scorso 18 dicembre, l’aveva buttata là: «Che bello sarebbe una squadra di serie A del Vaticano, capace di competere con le grandi: Milan, Inter, Juve e Roma...». Il prelato supertifoso aveva fatto correre la fantasia e sospirato: «Ah, se prendessimo tutti gli studenti brasiliani delle nostre università pontificie potremmo fare una bellissima squadra...». Calcio-samba o meno, Bertone s’era poi salvato in corner dopo quella dichiarazione che aveva fatto partire la solita ridda di voci («E se la squadra l’allenasse il Trap?») e nel giro di ventiquattro ore frenava: «No, no, nessuna intenzione di metter su alcuna formazione. Io ho ben altro da fare che prendermi cura di una squadra di calcio della Santa Sede». Ma l’assist era ormai già partito e a fare il suo personalissimo gol c’ha pensato Adriano Stefanelli, artigiano di Novara che, seppur di mirabile modestia, ha già fatto le scarpe al Papa.

Calzolaio da mezzo secolo, s’è messo di buzzo buono, ha preso le misure giuste, i materiali adatti e con pazienza da certosino ha forgiato la sua ennesima chicca: un bel paio di scarpini da pallone, in nappa bianca e gialla (i colori del Vaticano), con derby a cinque buchi e bande laterali in pelle. Ricamati a mano, il nome di Bertone, un numero 10 da regista e l’immancabile stemma pontificio. «Il prelato calza un 42 abbondante - confessa l’artista - ma è una scarpa simbolica, non credo che l’utilizzerà su qualche campo». Potrebbe, perché no? C’ha pure i tacchetti sotto. «Una cosa particolarissima. Ho messo i vecchi tacchetti di cuoio, quelli che si usavano mezzo secolo fa e che ormai sono diventati introvabili». Roba da Schiaffino o Burgnich. Il prezzo? Stefanelli non vuol sentir parlare di denaro: «Faccio tutto gratis, solo e sempre per passione». E con passione, sabato, le ha personalmente consegnate a Bertone, insignito della cittadinanza onoraria di Vercelli.

Il «ciabattino» piemontese è ormai noto nei sacri palazzi vaticani. Ha già confezionato pantofole sia per Wojtyla che per Ratzinger. Benedetto mocassino. Ricorda: «Nel 2003 mi impressionai a vedere Giovanni Paolo II che, vacillante, percorreva la via crucis. Pensai di alleviargli un po’ le sofferenze e gli confezionai delle scarpe morbidissime, senza cuciture, color porpora che al sole cambiano tonalità di rosso. Che numero portava? Il 44. Gliele donai l’11 gennaio 2004 in Vaticano: un giorno indimenticabile». Ma non è finita qui. A settembre dello stesso anno, di persona consegnò a Wojtyla le «scarpe dell’Unione»: una pantofolina bianca con stemma pontificio, nata per unificare la chiesa cattolica con quella ortodossa di Alessio II. Morto Giovanni Paolo II, anche Benedetto XVI s’è rivolto a lui. Risultato: un mocassino rosso rubino con elastici ai bordi della linguetta e, nella suola, un ovale antiscivolo. Anche queste consegnate a mano, il 22 febbraio 2006.

Ma Stefanelli non lavora solo per Pontefici e cardinali. Ha fatto scarpe per l’ex presidente della Polonia e premio Nobel per la pace Lech Walesa, per Luca Cordero di Montezemolo e la Ferrari, per il Novara calcio e per il patriarca ortodosso Alessio II. «Per lui, che calza il 44 e mezzo, ho fatto scarpe comode ed eleganti ma soprattutto resistenti: doppia suola in cuoio e gomma antiscivolo. Insomma, un mocassino adatto al clima rigido della Russia».

Il Giornale, 29 maggio 2007

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