sabato 16 giugno 2007

E' andato in pensione il fotografo dei Papi


(nella foto il Papa ordina il figlio del fotografo Arturo Mari)

Pubblichiamo l'intervista di Marco Tosatti ad Arturo Mari. Purtroppo Papa Benedetto e' stato completamente ignorato (ma tu guarda!). All'articolo segue un mio commento.
Raffaella

“L’attimo fuggente dei miei sei Papi”

E’ andato in pensione il fotografo del Vaticano

MARCO TOSATTI

L’hanno chiamato «l’istantanea di Dio»: Arturo Mari, classe 1940, fotografo di sei papi, va in pensione. «Dolcemente», precisa; nel senso che non si abbandona da un momento all’altro una vita intera. Perché la prima foto l’ha scattata il 9 marzo del 1956, regnante Pio XII; e da allora sono passati quarantun anni di pontefici visti attraverso l’obiettivo dell’apparecchio fotografico.
Non c’è stata cerimonia, udienza, incontro in cui non si vedesse sgusciare intorno al Pontefice la figura tarchiata, impeccabile nell’abito scuro, camicia bianca e cravatta scura, di questo romano autentico. Salvo una: il 29 aprile scorso Benedetto XVI ha ordinato ventidue nuovi sacerdoti, e fra di essi anche Rugel Juan Carlos Mari, dei Legionari di Cristo. Era la prima volta che il padre non seguiva la cerimonia con le macchine fotografiche a tracolla. Ha assistito al rito da invitato e in prima fila, con la sua famiglia, ed è stato il primo a ricevere la comunione dal Papa.
Nelle sue parole un ricordo dei sei papi con cui ha vissuto (dice una leggenda: mai un giorno di vacanza, mai un giorno di malattia).

Che cosa colpiva di più in Pio XII?

«Questa figura alta, ieratica, metteva soggezione. Un uomo possente».

E Giovanni XXIII come era?

«Buono, molto energico. La Chiesa cominciava ad aprire le porte; il Papa cominciava a uscire, c’erano le prime visite: il Carcere di Regina Coeli, l’ospedale del Bambin Gesù, le prime parrocchie; era tutto nuovo...all'improvviso, è stato uno choc. Cambiava tutto, anche per il fotografo, il Papa era in mezzo alla gente».

Di Paolo VI qual è il ricordo?

«Paolo VI: una persona con una mente enorme, timido, chiuso. I papi non sono difficili da fotografare, ma devi sentire la persona com'è. Devi “entrare” nella persona, questo è il segreto; sentire come e cosa trasmettono; perché trasmettono, eccome. E con Paolo VI ci sono state nuove emozioni: il primo viaggio all'estero, il primo Papa che ha viaggiato su un aereo, in Terrasanta, il 4 gennaio 1964. Una cosa enorme, non sembrava vero, appariva una cosa dell'altro mondo, il papa fuori del Vaticano, lì in Giordania, ad Amman, la neve, il freddo. Tutta la scena era emozionante. Ti dava carica e fervore. Altre scene, il contatto con la gente, era bellissimo».

E poi la «parentesi» Luciani. L’ha fotografato?

«Sì, sono stato l'unico che ha fatto le fotografie ufficiali. E ho scattato fotografie famose, quelle nei Giardini vaticani. C'è una fotografia che ha fatto un po' storia. Giovanni Paolo I, ripreso di spalle, mentre si avvia lungo il viale dei pini. Si vede quest'immagine di spalle che cammina; molto melanconica, sembra quasi una premonizione».

Che cosa trasmetteva Papa Luciani, mentre era fotograto?

«Era talmente umile, talmente buono, che oddìo sembrava quasi che tu gli togliessi qualche cosa di personale, dava un senso di tenerezza enorme».

Seguito da quel ciclone mediatico che è stato Papa Wojtyla...

«Un leone, un profeta. Per me è stato come mio papà, quello che non ha fatto per me, dal lato umano, e dal punto di vista fotografico....Non troverei un aggettivo per definire tutta la situazione».

Che ricordo ne ha?

«Era molto buono...Posso raccontare un aneddoto, una stupidaggine, per fare una risata. Eravamo a Lagos, in Nigeria. Siamo rientrati alle 14.30 del pomeriggio. Abbiamo trovato ad aspettarci persone del luogo; eravamo fradici di sudore, faceva un caldo impossibile. Abbiamo scatto foto con queste persone. E subito dopo ho nascosto le macchine dietro una pianta, e mi sono infilato in un corridoio che portava all'appartamento del Santo Padre; però portava anche alla cucina. Corro al frigorifero, lo apro, prendo una bottiglia d'acqua. Sento una pacca sulle spalle, mi giro, credevo fosse un amico della Radio vaticana che era sempre con me, e gli dico: aspetta un mom...Non faccio in tempo a finire che sento la voce: “Rimarrà un po' d'acqua per il Papa“? E poi nei lebbrosari, che cosa non ha fatto con i lebbrosi. Li baciava in faccia, li toccava, queste sono cose che non si possono dimenticare».

Qual è il suo ricordo più bello?

«Sicuramente quando Giovanni Paolo II, sei ore prima di morire, mi ha mandato a chiamare per ringraziarmi per quello che avevo fatto per lui. Il Santo Padre era disteso sul suo letto, io sono entrato e mi sono inginocchiato. Il suo segretario, don Stanislao, gli ha detto in polacco "Santità, Arturo è qui"; lui si è voltato verso di me e mi ha detto: "Arturo, grazie di cuore per tutto"».

La Stampa, 16 giugno 2007

E Papa Ratzinger? Ho sentito Arturo Mari dire cose bellissime su Benedetto XVI. Peccato che l'intervistatore non abbia sentito il bisogno di chiedere nulla o che il giornale abbia tagliato domande e risposte.
Forse si aveva paura di "umanizzare" troppo il Papa? Mai come adesso sento il bisogno di rileggere l'articolo di Fra Sistino per Petrus:


Fra Sistino, un uomo...un mito (2)

Raffaella

Nessun commento: